Friday, January 06, 2006

Saharawi, tessitura e belle arti



Sono stato nel Sahara quasi un mese per certe trame di tessitura e non solo... perché quando si comincia col tessere, poi si finisce sempre in tutto l'essere.
Ne riporto, come posso, qualche file al nuovo sito Web:
www.hypertextile.net/ghersi/saharaui

In testa all'Home page, ho descritto il sito così:
"Corso di tessitura tradizionale e sperimentale per donne Saharawi. Indagini sulla cultura tessile e sulle belle arti, tradizionali e sperimentali, del popolo Saharaui."
Ogni parola-chiave in questa descrizione ha un significato corrente: corso, tessitura, tradizionale, sperimentale, cultura tessile, popolo Saharawi. In teoria, raramente mi trovo d'accordo sul significato corrente di un termine. In pratica però, se quel termine appena funziona, lo adopero come meglio mi serve, senza cercarne di più precisi. Piuttosto, mi vorrei adoperare a un pratico ampliamento dei termini, cioè a sconfinare, dato che "termine", vuole pur sempre dire "confine".

"Hic Terminus Haeret" (qui si fissa il confine) è quell'antico motto che lo Spoerri adottò come insegna per il suo Giardino. Qui si rivolge una nota esplicativa a quanti hanno sempre di meglio o di peggio da fare che interessarsi alle belle arti: il Giardino di Spoerri è un museo all'aperto di statuaria o scultura contemporanea. Io stesso, dapprima, mi trovai in quel giardino con un mio effimero laboratorio di tessitura... per ritrovarmici infine, tra ben altre presenze, museificato.

Il Giardino fu impiantato dal'artista Daniel Spoerri, celebrato per fissare i più umili reperti quotidiani: principalmente di mense da sparecchiare, complete di stoviglie e avanzi di cibo. Le fissazioni giovanili di Spoerri erano schiettamente artigianali: si fissava soprattutto con la colla. Nella sua maturità, si concede fissazioni più artistiche: affida i sui reperti a un fonditore, che ne realizza un calco e cola dentro il bronzo, ottenendo così delle classiche sculture in bronzo.
Per via delle sue fissazioni, lo Spoerri sostiene che "l'effimero è l'eterno". Ci spiega pure come, nel campo dell'arte, la più estrema avanguardia poi si converta nella più estrema conservazione. Infatti, quanto più un artista si ritiene all'avanguardia, tanto più riterrà inconcepibile un qualsiasi ulteriore progresso nella storia dell'arte. "Hic Terminus Haeret" , qui si fissa il confine, appunto... e punto. E basta. Va anche meglio così: la storia dell'arte è finita, può ricominciare la vita.

Tutto questo lungo giro, per ritornare a quel termine di "belle arti", da me adoperto per descrivere il sito. Il sito, in effetti, contiene manufatti che possono apparire non artistici e che certamente, non sono dovuti a un Artista, nel senso corrente del termine. Appunto: qui si fissa il confine ma credo che il campo delle belle arti sia molto più vasto di quello coltivato dalle apposite Accademie (di Belle Arti, appunto) o dagli appositi Artisti (Belli, si capisce). Questo campo più vasto è coltivato soprattutto da Poveri. Ovviamente, non ha nulla a che fare con l'equivoca "Arte Povera", che è invece, coltivata da artisti di non povera cultura: cioè da esponenti di una cultura ricca, più che ricchi in assoluto di cultura.
Però la Povertà è ricca di Arte e Cultura, difficilmente riconoscibili da chi si attenga ai termini prescritti: all'Arte, alla Cultura e finalmente, alla Povertà. Arte e Cultura interessano a pochi, la Povertà interessa invece tutti, a cominciare dai ricchi, che la intendono però come termine economico, oltre il quale stabiliscono la propria identità, con l'eventuale rimorso sociale da scaricare in beneficenza. Ma questo termine di Povertà esclude proporio i suoi campi più ricchi: a cominciare da quelli artistici, proseguendo con quelli culturali, fino al più vasti territori umanistica o, dicamolo, etici...

Per quanto io ne sappia (mica tanto), il termine dell'Arte fu già ampliato, in teoria, da Jean Dubuffet (Art Brut), Mario Perniola (l'Alienazione Artistica), Sheila Grunico (Istituto Arti Pubbliche), Pablo Echaurren (Non Arte)... nonché da me medesimo in:
"Confessioni di un artista equivoco".

In pratica, il termine dell'Arte fu ed è ampliato continuamente, molto più di quanto i Critici se ne possano o vogliano curare. D'altra parte (ma infine, e meglio, diciamolo: dialetticamente connesso) sta il termine della Povertà, sempre più ampliato praticamente, che nella teoria. Trovo una bella eccezione "teorica" nel "Breve discorso sulla povertà" di Majid Rahnema, Fu stampato con il titolo "Stop alla povertà o stop ai poveri?" sulla rivista "Lo Straniero", poi nel suo sito Web dove ora non riesco a rintracciarlo. In compenso, il testo è ripreso in vari altri luoghi come:
www.aadp.it
Si può anche approfondire con il libro:
Majid Rahnema: Quando la povertà diventa miseria, Einaudi, Torino 2005

Tutto ciò per avvertire che, oltre al mio intervento tessile e professionale, anche le pagine sulle "Belle Arti" del popolo Saharawi non sono mia pura e individuale follia. Mi piacerebbe ricevere qualche Commento. Chiunque può scriverlo: basta cliccare su "Comments" qui sotto.
Prometto di non cancellare neppure gli insulti più sanguinosi.
Grazie

2 comments:

Anonymous said...

Le casualità non sono mai casuali.......è Affascinante quello che fai.
Ho lavorato nel sociale, ora mi tocca rimettere in gioco la creatività(sempre che io ne abbia).
mi piacerebbe imparare e se è..... importare il metodo in Puglia. Mi Chiamo Sibilla e vivo a Bari.se ti va contattami

Anonymous said...

da non moltissimo tempo (anche se anni fa frequentai un corso di telaio) mi sono appassionata. Ora che faccio parte anche di un gruppo di rievocazione storica, mi perdo sempre di più fra i fili delle storie, del pensare con le mani... non sono capace di rendere a parole la meraviglia che provo a volte.
Sono capitata qui cercando corsi di tessitura (e ora mi salvo questo indirizzo) :)