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La Casa dell'Omo Ragno è un Intreccio labirintico di fibre di ogni genere, realizzato con persone disabili su telai di ve cchi letti.
E' anche un campo di gioco, aperto ad accogliere ulteriori inserti tessili del pubblico. Ciascuno infatti, può sempre aggiungere il suo filo all'intreccio.
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La Casa dell'Omo Ragn o sarà montata alla Festa d'Estate del Centro Istrice, a Casellina di Scandicci, FI) in via Ponchielli (non c'è numero ma sta di fronte alla fabbrica dei lampadari). La Casa e la Festa sono aperte a tutti, giovedì 1 Giugno, dalle ore 19 alle 22.
Si potrà visitare la Casa, ma solamente su appuntamento, anche nei giorni successivi al 1 giugno.
Info tel: Centro Istrice 055-752366 o Ghersi 338-6762691.
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La Casa dell'Omo Ragno poi si trasferisce in Umbria, nella Mostra Internazionale LA FIBER ART AL CENTRO, III Biennale di Arte Tessile Contemporanea (Amelia, TR, 2 - 16 Luglio 2006).3
Sunday, May 14, 2006
Monday, February 20, 2006
Alluvione nel Sahara
Segnalo l'articolo di Lorena Di Clemente, dall'Algeria, sulla alluvione nei campi dei profughi Saharawi.
Alluvione nel Sahara
Alluvione nel Sahara
Monday, January 30, 2006
Dis-abile Iper-tessile
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Ho registrato il mio sito Web su il Corso Tessile Saharawi in un CD-Rom. Ho portato il CD al Centro di Socio-Riabilitazione per mostrarlo agli Utenti (preferisco non usare il termine "Ragazzi").
Dopo averli un po' guidati per il sito, commentando le immagini e raccontando il mio viaggio, gli ho lasciato in mano il maus perché se lo cliccassero da sé. Per chi non lo aveva mai fatto, è stata un esperienza impegnativa, coinvolgente e gratificante.
Siccome a mia volta, imparai ad usare il computer da grande, posso bene ricordare il mio entusasmo di quando finalmente imparai a cliccare sui link nell'ipertesto. Che tra l'altro è un tessuto, tant'è vero che si chiama proprio Rete, Net o Web. Sicché, da rozzo autodidatta informatico ma, credo, raffinato tessitore, mi cimentai a tessere ipertesti, graficamente rozzissimi ma credo, raffinatamente tessuti. O appunto iper-tessili.
Così, rozzamente, ho tessuto questo nuovo ipertesto, con il preciso scopo di esercitare gli Utenti alla navigazione in rete. O anche solo a cliccare sul maus, chè già è un'abilità fino-manuale (e dunque, di per sé, culturale). Come soggetto, ho preso lo stesso Laboratorio di Tessitura del Centro. Certamente, mi era parso opportuno ordinare in un album la massa delle foto digitali scattate in tre anni di lavori e renderle così accessibili agli stessi Utenti. Avevo d'altra parte, un intento seduttivo: a tutti fa piacere ritrovarsi proiettati su uno schermo, riconoscere i propri compagni, vagabondare tra i propri vecchi album. Oltre che, naturalmente, giocare col computer.
Con la classica "Web Gallery" di Photoshop, ho inserito due centinaia di immagini in altrettante pagine, che sono ospitate in 12 case, collegate tra di loro e indicizzate nella casa di tutte le case, che appunto è l'Home Page o Index. Qua e là, ho unserito dei link a una "pagina jolly" con il mio ritratto, perché altrimenti non comparivo mai.... I pulsanti sono icone molto grandi e perciò facilmente cliccabili. A parte la barra dei titoli, la rete è totalmente analfabetica.
Analfarete è un rudimentale lavoro di Web Brut. Pubblicandolo su internet, ho dovuto obliterare tutti i visi per rispettare la privacy. Ciò deturpa indubbiamente le immagini ma può assumere un tono concettuale. La spiegazione testuale di molti lavori illustrati nell'album può rintracciarsi cliccando l'icona del Ragno Iridato (che era invece inattiva nel CD-Rom, figurando come semplice logo).
Buon surf su AnalfaRete!
Poi fatemi sapere un Commento.
Ho registrato il mio sito Web su il Corso Tessile Saharawi in un CD-Rom. Ho portato il CD al Centro di Socio-Riabilitazione per mostrarlo agli Utenti (preferisco non usare il termine "Ragazzi").
Dopo averli un po' guidati per il sito, commentando le immagini e raccontando il mio viaggio, gli ho lasciato in mano il maus perché se lo cliccassero da sé. Per chi non lo aveva mai fatto, è stata un esperienza impegnativa, coinvolgente e gratificante.
Siccome a mia volta, imparai ad usare il computer da grande, posso bene ricordare il mio entusasmo di quando finalmente imparai a cliccare sui link nell'ipertesto. Che tra l'altro è un tessuto, tant'è vero che si chiama proprio Rete, Net o Web. Sicché, da rozzo autodidatta informatico ma, credo, raffinato tessitore, mi cimentai a tessere ipertesti, graficamente rozzissimi ma credo, raffinatamente tessuti. O appunto iper-tessili.
Così, rozzamente, ho tessuto questo nuovo ipertesto, con il preciso scopo di esercitare gli Utenti alla navigazione in rete. O anche solo a cliccare sul maus, chè già è un'abilità fino-manuale (e dunque, di per sé, culturale). Come soggetto, ho preso lo stesso Laboratorio di Tessitura del Centro. Certamente, mi era parso opportuno ordinare in un album la massa delle foto digitali scattate in tre anni di lavori e renderle così accessibili agli stessi Utenti. Avevo d'altra parte, un intento seduttivo: a tutti fa piacere ritrovarsi proiettati su uno schermo, riconoscere i propri compagni, vagabondare tra i propri vecchi album. Oltre che, naturalmente, giocare col computer.
Con la classica "Web Gallery" di Photoshop, ho inserito due centinaia di immagini in altrettante pagine, che sono ospitate in 12 case, collegate tra di loro e indicizzate nella casa di tutte le case, che appunto è l'Home Page o Index. Qua e là, ho unserito dei link a una "pagina jolly" con il mio ritratto, perché altrimenti non comparivo mai.... I pulsanti sono icone molto grandi e perciò facilmente cliccabili. A parte la barra dei titoli, la rete è totalmente analfabetica.
Analfarete è un rudimentale lavoro di Web Brut. Pubblicandolo su internet, ho dovuto obliterare tutti i visi per rispettare la privacy. Ciò deturpa indubbiamente le immagini ma può assumere un tono concettuale. La spiegazione testuale di molti lavori illustrati nell'album può rintracciarsi cliccando l'icona del Ragno Iridato (che era invece inattiva nel CD-Rom, figurando come semplice logo).
Buon surf su AnalfaRete!
Poi fatemi sapere un Commento.
Friday, January 06, 2006
Saharawi, tessitura e belle arti
Sono stato nel Sahara quasi un mese per certe trame di tessitura e non solo... perché quando si comincia col tessere, poi si finisce sempre in tutto l'essere.
Ne riporto, come posso, qualche file al nuovo sito Web:
www.hypertextile.net/ghersi/saharaui
In testa all'Home page, ho descritto il sito così:
"Corso di tessitura tradizionale e sperimentale per donne Saharawi. Indagini sulla cultura tessile e sulle belle arti, tradizionali e sperimentali, del popolo Saharaui."
Ogni parola-chiave in questa descrizione ha un significato corrente: corso, tessitura, tradizionale, sperimentale, cultura tessile, popolo Saharawi. In teoria, raramente mi trovo d'accordo sul significato corrente di un termine. In pratica però, se quel termine appena funziona, lo adopero come meglio mi serve, senza cercarne di più precisi. Piuttosto, mi vorrei adoperare a un pratico ampliamento dei termini, cioè a sconfinare, dato che "termine", vuole pur sempre dire "confine".
"Hic Terminus Haeret" (qui si fissa il confine) è quell'antico motto che lo Spoerri adottò come insegna per il suo Giardino. Qui si rivolge una nota esplicativa a quanti hanno sempre di meglio o di peggio da fare che interessarsi alle belle arti: il Giardino di Spoerri è un museo all'aperto di statuaria o scultura contemporanea. Io stesso, dapprima, mi trovai in quel giardino con un mio effimero laboratorio di tessitura... per ritrovarmici infine, tra ben altre presenze, museificato.
Il Giardino fu impiantato dal'artista Daniel Spoerri, celebrato per fissare i più umili reperti quotidiani: principalmente di mense da sparecchiare, complete di stoviglie e avanzi di cibo. Le fissazioni giovanili di Spoerri erano schiettamente artigianali: si fissava soprattutto con la colla. Nella sua maturità, si concede fissazioni più artistiche: affida i sui reperti a un fonditore, che ne realizza un calco e cola dentro il bronzo, ottenendo così delle classiche sculture in bronzo.
Per via delle sue fissazioni, lo Spoerri sostiene che "l'effimero è l'eterno". Ci spiega pure come, nel campo dell'arte, la più estrema avanguardia poi si converta nella più estrema conservazione. Infatti, quanto più un artista si ritiene all'avanguardia, tanto più riterrà inconcepibile un qualsiasi ulteriore progresso nella storia dell'arte. "Hic Terminus Haeret" , qui si fissa il confine, appunto... e punto. E basta. Va anche meglio così: la storia dell'arte è finita, può ricominciare la vita.
Tutto questo lungo giro, per ritornare a quel termine di "belle arti", da me adoperto per descrivere il sito. Il sito, in effetti, contiene manufatti che possono apparire non artistici e che certamente, non sono dovuti a un Artista, nel senso corrente del termine. Appunto: qui si fissa il confine ma credo che il campo delle belle arti sia molto più vasto di quello coltivato dalle apposite Accademie (di Belle Arti, appunto) o dagli appositi Artisti (Belli, si capisce). Questo campo più vasto è coltivato soprattutto da Poveri. Ovviamente, non ha nulla a che fare con l'equivoca "Arte Povera", che è invece, coltivata da artisti di non povera cultura: cioè da esponenti di una cultura ricca, più che ricchi in assoluto di cultura.
Però la Povertà è ricca di Arte e Cultura, difficilmente riconoscibili da chi si attenga ai termini prescritti: all'Arte, alla Cultura e finalmente, alla Povertà. Arte e Cultura interessano a pochi, la Povertà interessa invece tutti, a cominciare dai ricchi, che la intendono però come termine economico, oltre il quale stabiliscono la propria identità, con l'eventuale rimorso sociale da scaricare in beneficenza. Ma questo termine di Povertà esclude proporio i suoi campi più ricchi: a cominciare da quelli artistici, proseguendo con quelli culturali, fino al più vasti territori umanistica o, dicamolo, etici...
Per quanto io ne sappia (mica tanto), il termine dell'Arte fu già ampliato, in teoria, da Jean Dubuffet (Art Brut), Mario Perniola (l'Alienazione Artistica), Sheila Grunico (Istituto Arti Pubbliche), Pablo Echaurren (Non Arte)... nonché da me medesimo in:
"Confessioni di un artista equivoco".
In pratica, il termine dell'Arte fu ed è ampliato continuamente, molto più di quanto i Critici se ne possano o vogliano curare. D'altra parte (ma infine, e meglio, diciamolo: dialetticamente connesso) sta il termine della Povertà, sempre più ampliato praticamente, che nella teoria. Trovo una bella eccezione "teorica" nel "Breve discorso sulla povertà" di Majid Rahnema, Fu stampato con il titolo "Stop alla povertà o stop ai poveri?" sulla rivista "Lo Straniero", poi nel suo sito Web dove ora non riesco a rintracciarlo. In compenso, il testo è ripreso in vari altri luoghi come:
www.aadp.it
Si può anche approfondire con il libro:
Majid Rahnema: Quando la povertà diventa miseria, Einaudi, Torino 2005
Tutto ciò per avvertire che, oltre al mio intervento tessile e professionale, anche le pagine sulle "Belle Arti" del popolo Saharawi non sono mia pura e individuale follia. Mi piacerebbe ricevere qualche Commento. Chiunque può scriverlo: basta cliccare su "Comments" qui sotto.
Prometto di non cancellare neppure gli insulti più sanguinosi.
Grazie
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