TESTO
Non vanto affatto di avere inventato l'Arte Pneumatica. Ho solo dato un nome a quell'antica pratica di riciclare le gomme da ruota: per trasformarle in sandali, in secchie da pozzo, fioriere, balocchi e preservativi per vario bestiame. Be', si consenta qui un breve intermezzo polemico (o magari politico, per meglio dire). Se un ciabattino Africano trasforma in scarpa un vecchio copertone, si parlerà al massimo di "design miserabile". Se invece, a un Artista, gli riuscisse di fare lo stesso, apprezzeremmo subito il suo ardito gioco concettuale, tra locomozione meccanica e umana: la gomma che era suola per la ruota, oplà, che ti diventa un pneumatico da piede. Ciò sarebbe un sublime pensiero, mica basso artigianato... ma quello o quella che contemplò per primo il nido degli uccelli, o la ragnatela, e che poi, stravolgendo la loro struttura, fece esplodere dal nulla la prima tessitura, non era lui forse (o lei, non importa), un artista ispirato? Ci dicono no. E' un "no" che sostiene anche Pablo Picasso, con motivi fondati ma non tutti confessabili. Insomma Picasso ci dice : "non importa cosa faccia un artista, ci importa soprattutto, lui, chi è"... e non stiamo a riverire quei selvaggi, piuttosto copiamoli, se ci conviene.
Fine dell'intermezzo polemico e politico o filosofico, addirittura (chi voglia approfondire, può rivolgersi a "I Dialoghi di Porchione", disponibili in formato PDF).
Ora, attenzione: continua l'Artista! Che ci racconterà? Ci svelerà i segreti della sua creazione? Silenzio, ascoltatelo con reverenza! Se non arrivaste all'altezza di comprendere, la sola reverenza vi conforterà. Shhh!
>>> FOTO
I miei lavori di arte pneumatica non sono nati da un preventivo interesse per il materiale. Mi ero appena inventato il giunto di Ling, che è una parola d'incastro tra link e ring (in Inglese: legame ed anello). Questo Ling è come un nodo, che collega tra loro degli anelli flessibili, creando così delle reti tridimensionali: strutture topologiche, così si potrebbero dire. Certo, i pneumatici sono pure elastici e le officine te li regalano. Affettandoli come salami, si ottengono centinaia di anelli. E tutto a costo zero, col plusvalore di andare tra i meccanici a farsi regalare dei rifiuti, altrimenti soggetti all'imposta sul tossico.
Ho così realizzato una rete piramidale più alta di un metro, per quanto ogni misura sia qui sempre elastica e dunque difficile da precisare. Questa rete si comporta purtroppo, come un mollusco: non si regge in piedi da sé. Perciò le ho costruito un esoscheletro con certe canne in plastica per gli ortaggi rampicanti. Poi sono andato a trovare un amico, collezionista artistico di astruserie. Gli ho montato lì per lì la mia piramide, con grande effetto ma con scarso successo, perché lui non l'ha comprata. Peccato, perché quella fu davvero una performance irripetibile ma destinata all'oblio. Infatti, la rete piramidale poi trovò un altro mezzo per reggersi in piedi, mentre le canne tornavano all'orto, per farci rampicare i fagiolini.
L'evoluzione artistica della piramide, da allora, imbocca un'altra via. Mai più di esoscheletri rigidi ma invece: un endoscheletro pneumatico, concettualmente molto più pulito. Mai più di performance privato-commerciali ma invece: performance in pubblico e no-profit, che improvvisavo in zone autogestite, fra lazzaroni anarchici da Centro Sociale. Gli facevo gonfiare tanti palloncini, che poi ncastravamo ordinatamente, in ogni reticolo di tutta la rete. Procurata così l'erezione della piramide, la si lanciava in pista, addosso chi ballava. Così, senza sforzo, si creava un gioco di rimbalzi, lievemente più gentile del tradizionale ballo a spintoni. Poi va tutto sotto i tacchi degli anfibi, finché non scoppia l'ultimo dei palloncini. Sopravvive un informe groviglio di gomma, che però è sempre l'anima o la struttura della piramide, risuscitabile per un'altra performance (si accettano inviti retribuiti anche da scuole, discoteche e musei).
Con lil solito sistema dei nodi Ling, ho poi fatto una veste per donna di gomma, che misi addosso a una bambola gonfiabile: così ne esaltava la carica erotica. Con la bambola a cavallo della bici, partecipavo a Critical Mass. Concettualmente, era ineccepibile, perché la veste era in roba da bici. Al Museo del Tessuto di Prato, mi porto la bambola sopra le spalle, nascondendomi sotto come in un burqa. Allora il Direttore del Museo dapprincipio, non mi riconosce però dopo mi fa i suoi complimenti.
Ho collegato anche gomme intere, senza affettarle come dei salami: già il pneumatico è un anello di per sé, è un macro-anello, per così dire. Qui usavo solo le gomme da bici: perché sono più elastiche leggere di quelle da automobile, ma fino a un certo punto, come si dirà. A parte certi ambienti spregevoli, e un Goethe Institut Inter Nationes, ho infestato in tal modo anche la corte di un palazzo medievale. Naturalmente, fece un effetto orrido a tutti fanatici delle antichità. Però tutti entravano in quella ragnatela, si appoggiavano, la facevano vibrare. I bambini, entusiasti, collaudavano fino allo spasimo, la tenuta della tenso-struttura. E qui l'Artista gode come un ragno.
Poi siccome nella vita, sarei anche tessitore, ho infilato le gomme, come trama pneumatica, dentro l'ordito di un telaio a mano. Così nacque un kimono ciclistico: il famoso "Bikemono", tutto tessuto con lgomme scoppiate di bicicletta, oltre a un nastrino di trina bianca, per la bellezza della decorazione. La triennale del Kimono poi non lo ha voluto ammettere ma il suo unico difetto è che pesava venti chili. Non mi ancora riuscito a trovare un ciclista che lo voglia comprare, neppure in Giappone, dove i kimono avrebbero mercato. Sicché ho dovuto affidarlo in custodia al Segretario Politico del PCI (Partito Ciclista Italiano), perciò si capisce quanto è poco al sicuro. E anche qui: pazienza... come poi si spiegherà, con l'impermanenza dell'arte pneumatica.
Visto che ormai, mi ero rimesso a tessere, ho cercato di costringere le gomme a fare da ordito, oltre che solamente da trama pneumatica. Era quasi una sfida professionale, che richiedeva un telaio particolare. Proprio allora, per pura fortuna, ero stato invitato a insegnare, in qualche modo, la tessitura in un Istituto Statale d'Arte (dicesi ISA). Così utilizzo gli stessi studenti come fossero elementi di un telaio: questo è il cosiddetto "telaio umano", che certamente non ho inventato io né, certamente, una Paola Besana: già a me fu descritto come un'antichità negli anni '70 del secolo scorso:L'ho riproposto senza vergogna e che male c'è? Non c'è mica brevetti! Questo Telaio Umano, probabilmente, risale agli Egizi, altrimenti sarebbero inspiegabili i tessuti giganteschi rinvenuti, che gli Egizi tessevano, evidentemente, per vestire le statue degli dei. Anche questa è un antica abitudine (che, a mio modo ripresi, come in parte e più oltre, si vedrà).
Con gli studenti del mio Istituto d'Arte, invece si tesse un'amaca pneumatica ma siccome poi loro l'adoperano come una fionda a proiettili unani, dovrò appenderla più in alto, perché nessuno più arrivi ad entrarci, né a farsi fiondare e sfracellarsi. Così la povera Amaca Pneumatica non fu mai più veramente un'amaca: restò lassù sospesa tra due colonne rinascimentali, nel venerndo chiostro dell'Istituto, senza accogliere più corpi in sospensione, solo cavilli estetici d'interpretazione per il deambulo dei Professori. Poi la ex-amaca, che fine avrà fatto, dopo la fine dell'anno scolastico? Ma anche qui: pazienza... come poi si spiegherà, con l'impermanenza dell'arte pneumatica.
Con lo stesso sistema del telaio umano, e con le gomme delle biciclette, ho fatto poi tessere un paio di brache per il celebre David di Michelangelo. Dato che all'epoca, abitavo in Firenze, che è una città tanto ossessa dal David che te lo spaccia come posacenere. Onestamente, non ne dovrei parlare, perché si tratterebbe di un lavoro anonimo e di Arte Pubblica, nel suo senso migliore. Ciò non ostante, un prestigioso magazine (Cronaca Vera) mi dedicò, all'epoca due pagine, con la foto di me pieno di gomme, di fronte alla statua del David, e il titolone: "SPERIAMO NON LO ARRESTINO".
La Critica ottusa ritiene questo lavoro come un' opera fallita, perché in effetti non fu mai mai portata a termine ma soltanto tessuta parzialmente sulle pubbliche piazze di Firenze, approfittando di varie situazioni, variamente legali. Tanto meno, quest'opera incompiuta, fu mai indossata ancora dalla celebre statua del David. La Critica più acuta invece riconosce il valore autonomo di questa operazione, indipendentemente dall'opera finita, perché l'opera, in fondo é la via ("das Werk ist der Weg" o "der Werk ist das Weg" accidenti a Paul Klee): la Via comunque e non il Percorso, perché questo sarebbe tracciato in anticipo. I frammenti delle Brache per il David sono pure affidati in custodia al Segretario Politico del PCI.
EPITESTO
Tutto quanto precede fu scritto per il banale impulso di una giornalista, che aveva da fare un suo pezzo su qualche smemoranda eposizione di Arte Pneumatica, sponsorizzata anche da Pirelli. Sì: l'Arte Pneumatica che, lo ripeto ma modestamente, ho battezzato io con questo nome. So bene che il mio scritto qui di sopra può funzionare al massimo nei taglia-e-incolla da tesi di laurea e che invece, è davvero inadatto al fru-fru femminile del giornale in questione. Ma serenamente, mi sono esposto al massacro testuale, senza pretendere versioni integrali, per altro inaccettabili persino su Flash Art o su qualsiasi ogni altra rivista di sedicente arte, laddove ogni testo appartiene ai Critici mentre agli Artisti, nel migliore dei casi, appartengono soltanto le figure. Ho i miei motivi, saggiamente politici, per farmi saggiamente dilaniare oppure ignorare, come è assai più probabile.
Il motivo principale è che il neoprene è fotosensibile cioè si degrada alla luce del sole e pure a quella delle lampadine. Sì, il neoprene: è il derivato del petrolio che ora si usa per fare pneumatici, mentre l'antica gomma di caucciù, quelloche cola negli scodellini giù per gli alberi delle piantagioni, oggi la trovi più al massimo, nei preservativi o nella gomma da masticare. Perciò, ogni opera di arte pneumatica (a parte quella in preservativo, che anche di questa ne ho fatta però qui non c'entra) è destinata a distruggersi in tempi brevissimi, a meno che non stia nel buio del caveau di una banca, nell'attesa di un giudizio o esposizione universale o, forse meglio, di un'asta da Christies.
Nel frattempo, mi par giusto di fare circolare in qualche modo, anche sui settimanali femminili, questa piccola avventura. che è a mio giudizio, piuttosto banale... però è sempre meglio che niente. Come ci insegnano i Situazionisti: "quando una società distrugge la possibilità dell'avventura, resta una sola avventura possibile, che è la distruzione di quella società". Purtroppo, non avevano capito che certe società si distruggono da sole. E l'avventura è altrove, come è sempre, la vita. Buonasera, Rimbaud!
Monday, May 05, 2008
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