Saturday, May 10, 2008

Telai e Biciclette

Il telaio fu inventato per tessere le tele, questo lo dice la parola stessa. 
E' il telaio di una volta, per la tessitura a mano. 
Poi fu inventato il telaio della bicicletta e ancor dopo, il telaio dell'automobile.

Oggi quest'ultimo è superato della carrozzeria portante, che fa a meno del telaio. 
La bicicletta invece, non si evoluta affatto, a parte trascurabili accessori.

Discutendo di evoluzione, la nobel Rita Levi Montalcini, paragona gli insetti alle bici: non si sono più evoluti perché sono due modelli già perfetti.

Anzi aggiunge che l'insetto già perfetto può sostituire il dominio dell'uomo, ancora imperfetto, e sempre ossessionato dalla Crescita (che, destra o sinistra, mai si discute, aggiungerei io).

Per opporci al dominio della Crescita... e poi degli Insetti, conviene tornare alla Bici. 
Forse anche al telaio delle tele (che è perfetto anche questo, lasciatemi dire).





Tuesday, May 06, 2008

6a Triennale di Tournai, Belgio

Notte dei Musei a Valdagno

Notte dei Musei a Valdagno
ITIS “V. E. Marzotto” - Città di Valdagno - Museo delle Macchine Tessili

Sabato 17 maggio 2008 - Ore 20.00-24.00
Galleria ai Nani - Palazzo Festari - Valdagno
Tessitura…: dalle popolazioni preistoriche alle società tribali africane e del centro America.
Esposizione di strumenti per la filatura e la tessitura. Dimostrazione di tecniche tessili antiche ancora presenti in alcune produzioni etniche del mondo extraeuropeo a cura di Luciano Ghersi.
L’esposizione rimarrà aperta anche: domenica 18 maggio dalle 15.00 alle 18.00. Mart 20 - giov 22 – sab 24 maggio dalle 17.00 alle 19.00. Venerdì 23 maggio dalle 9.00 alle 12.00, Per scuole e gruppi durante la settimana su prenotazione.

Sabato 17 maggio 2008 Ore 21.00-23.00
Museo delle Macchine Tessili - ITIS “V. E. Marzotto” - Valdagno
Musica al Museo in collaborazione con l’Amm. Provinciale di Vicenza
Musica popolare e rinascimentale a cura di: Coro La Valle diretto dal maestro La Bruna, Coro Progetto Musica diretto dal maestro Ferro, Coro dell’Obante diretto dal maestro Penzo P.

Sabato 17 maggio 2008 - Ore 20.00-24.00
Apertura straordinaria con visite guidate:
Museo Civico D. Dal Lago – Palazzo Festari , Valdagno
Museo delle Macchine Tessili – ITIS “V. E. Marzotto”, Valdagno


Domenica 18 maggio -Ore 15.00-18.00
Palazzo Festari – Valdagno
Continuazione della dimostrazione di tecniche tessili antiche ancora presenti in alcune produzioni etniche del mondo extraeuropeo a cura di Luciano Ghersi.

http://nuitdesmusees.culture.fr/musee.php?l=ITA&m=NDM-99039642#

Monday, May 05, 2008

Arte Pneumatica

TESTO

Non vanto affatto di avere inventato l'Arte Pneumatica. Ho solo dato un nome a quell'antica pratica di riciclare le gomme da ruota: per trasformarle in sandali, in secchie da pozzo, fioriere, balocchi e preservativi per vario bestiame. Be', si consenta qui un breve intermezzo polemico (o magari politico, per meglio dire). Se un ciabattino Africano trasforma in scarpa un vecchio copertone, si parlerà al massimo di "design miserabile". Se invece, a un Artista, gli riuscisse di fare lo stesso, apprezzeremmo subito il suo ardito gioco concettuale, tra locomozione meccanica e umana: la gomma che era suola per la ruota, oplà, che ti diventa un pneumatico da piede. Ciò sarebbe un sublime pensiero, mica basso artigianato... ma quello o quella che contemplò per primo il nido degli uccelli, o la ragnatela, e che poi, stravolgendo la loro struttura, fece esplodere dal nulla la prima tessitura, non era lui forse (o lei, non importa), un artista ispirato? Ci dicono no. E' un "no" che sostiene anche Pablo Picasso, con motivi fondati ma non tutti confessabili. Insomma Picasso ci dice : "non importa cosa faccia un artista, ci importa soprattutto, lui, chi è"... e non stiamo a riverire quei selvaggi, piuttosto copiamoli, se ci conviene.

Fine dell'intermezzo polemico e politico o filosofico, addirittura (chi voglia approfondire, può rivolgersi a "I Dialoghi di Porchione", disponibili in formato PDF).
Ora, attenzione: continua l'Artista! Che ci racconterà? Ci svelerà i segreti della sua creazione? Silenzio, ascoltatelo con reverenza! Se non arrivaste all'altezza di comprendere, la sola reverenza vi conforterà. Shhh!

>>> FOTO

I miei lavori di arte pneumatica non sono nati da un preventivo interesse per il materiale. Mi ero appena inventato il giunto di Ling, che è una parola d'incastro tra link e ring (in Inglese: legame ed anello). Questo Ling è come un nodo, che collega tra loro degli anelli flessibili, creando così delle reti tridimensionali: strutture topologiche, così si potrebbero dire. Certo, i pneumatici sono pure elastici e le officine te li regalano. Affettandoli come salami, si ottengono centinaia di anelli. E tutto a costo zero, col plusvalore di andare tra i meccanici a farsi regalare dei rifiuti, altrimenti soggetti all'imposta sul tossico.

Ho così realizzato una rete piramidale più alta di un metro, per quanto ogni misura sia qui sempre elastica e dunque difficile da precisare. Questa rete si comporta purtroppo, come un mollusco: non si regge in piedi da sé. Perciò le ho costruito un esoscheletro con certe canne in plastica per gli ortaggi rampicanti. Poi sono andato a trovare un amico, collezionista artistico di astruserie. Gli ho montato lì per lì la mia piramide, con grande effetto ma con scarso successo, perché lui non l'ha comprata. Peccato, perché quella fu davvero una performance irripetibile ma destinata all'oblio. Infatti, la rete piramidale poi trovò un altro mezzo per reggersi in piedi, mentre le canne tornavano all'orto, per farci rampicare i fagiolini.

L'evoluzione artistica della piramide, da allora, imbocca un'altra via. Mai più di esoscheletri rigidi ma invece: un endoscheletro pneumatico, concettualmente molto più pulito. Mai più di performance privato-commerciali ma invece: performance in pubblico e no-profit, che improvvisavo in zone autogestite, fra lazzaroni anarchici da Centro Sociale. Gli facevo gonfiare tanti palloncini, che poi ncastravamo ordinatamente, in ogni reticolo di tutta la rete. Procurata così l'erezione della piramide, la si lanciava in pista, addosso chi ballava. Così, senza sforzo, si creava un gioco di rimbalzi, lievemente più gentile del tradizionale ballo a spintoni. Poi va tutto sotto i tacchi degli anfibi, finché non scoppia l'ultimo dei palloncini. Sopravvive un informe groviglio di gomma, che però è sempre l'anima o la struttura della piramide, risuscitabile per un'altra performance (si accettano inviti retribuiti anche da scuole, discoteche e musei).

Con lil solito sistema dei nodi Ling, ho poi fatto una veste per donna di gomma, che misi addosso a una bambola gonfiabile: così ne esaltava la carica erotica. Con la bambola a cavallo della bici, partecipavo a Critical Mass. Concettualmente, era ineccepibile, perché la veste era in roba da bici. Al Museo del Tessuto di Prato, mi porto la bambola sopra le spalle, nascondendomi sotto come in un burqa. Allora il Direttore del Museo dapprincipio, non mi riconosce però dopo mi fa i suoi complimenti.

Ho collegato anche gomme intere, senza affettarle come dei salami: già il pneumatico è un anello di per sé, è un macro-anello, per così dire. Qui usavo solo le gomme da bici: perché sono più elastiche leggere di quelle da automobile, ma fino a un certo punto, come si dirà. A parte certi ambienti spregevoli, e un Goethe Institut Inter Nationes, ho infestato in tal modo anche la corte di un palazzo medievale. Naturalmente, fece un effetto orrido a tutti fanatici delle antichità. Però tutti entravano in quella ragnatela, si appoggiavano, la facevano vibrare. I bambini, entusiasti, collaudavano fino allo spasimo, la tenuta della tenso-struttura. E qui l'Artista gode come un ragno.

Poi siccome nella vita, sarei anche tessitore, ho infilato le gomme, come trama pneumatica, dentro l'ordito di un telaio a mano. Così nacque un kimono ciclistico: il famoso "Bikemono", tutto tessuto con lgomme scoppiate di bicicletta, oltre a un nastrino di trina bianca, per la bellezza della decorazione. La triennale del Kimono poi non lo ha voluto ammettere ma il suo unico difetto è che pesava venti chili. Non mi ancora riuscito a trovare un ciclista che lo voglia comprare, neppure in Giappone, dove i kimono avrebbero mercato. Sicché ho dovuto affidarlo in custodia al Segretario Politico del PCI (Partito Ciclista Italiano), perciò si capisce quanto è poco al sicuro. E anche qui: pazienza... come poi si spiegherà, con l'impermanenza dell'arte pneumatica.

Visto che ormai, mi ero rimesso a tessere, ho cercato di costringere le gomme a fare da ordito, oltre che solamente da trama pneumatica. Era quasi una sfida professionale, che richiedeva un telaio particolare. Proprio allora, per pura fortuna, ero stato invitato a insegnare, in qualche modo, la tessitura in un Istituto Statale d'Arte (dicesi ISA). Così utilizzo gli stessi studenti come fossero elementi di un telaio: questo è il cosiddetto "telaio umano", che certamente non ho inventato io né, certamente, una Paola Besana: già a me fu descritto come un'antichità negli anni '70 del secolo scorso:L'ho riproposto senza vergogna e che male c'è? Non c'è mica brevetti! Questo Telaio Umano, probabilmente, risale agli Egizi, altrimenti sarebbero inspiegabili i tessuti giganteschi rinvenuti, che gli Egizi tessevano, evidentemente, per vestire le statue degli dei. Anche questa è un antica abitudine (che, a mio modo ripresi, come in parte e più oltre, si vedrà).

Con gli studenti del mio Istituto d'Arte, invece si tesse un'amaca pneumatica ma siccome poi loro l'adoperano come una fionda a proiettili unani, dovrò appenderla più in alto, perché nessuno più arrivi ad entrarci, né a farsi fiondare e sfracellarsi. Così la povera Amaca Pneumatica non fu mai più veramente un'amaca: restò lassù sospesa tra due colonne rinascimentali, nel venerndo chiostro dell'Istituto, senza accogliere più corpi in sospensione, solo cavilli estetici d'interpretazione per il deambulo dei Professori. Poi la ex-amaca, che fine avrà fatto, dopo la fine dell'anno scolastico? Ma anche qui: pazienza... come poi si spiegherà, con l'impermanenza dell'arte pneumatica.

Con lo stesso sistema del telaio umano, e con le gomme delle biciclette, ho fatto poi tessere un paio di brache per il celebre David di Michelangelo. Dato che all'epoca, abitavo in Firenze, che è una città tanto ossessa dal David che te lo spaccia come posacenere. Onestamente, non ne dovrei parlare, perché si tratterebbe di un lavoro anonimo e di Arte Pubblica, nel suo senso migliore. Ciò non ostante, un prestigioso magazine (Cronaca Vera) mi dedicò, all'epoca due pagine, con la foto di me pieno di gomme, di fronte alla statua del David, e il titolone: "SPERIAMO NON LO ARRESTINO".

La Critica ottusa ritiene questo lavoro come un' opera fallita, perché in effetti non fu mai mai portata a termine ma soltanto tessuta parzialmente sulle pubbliche piazze di Firenze, approfittando di varie situazioni, variamente legali. Tanto meno, quest'opera incompiuta, fu mai indossata ancora dalla celebre statua del David. La Critica più acuta invece riconosce il valore autonomo di questa operazione, indipendentemente dall'opera finita, perché l'opera, in fondo é la via ("das Werk ist der Weg" o "der Werk ist das Weg" accidenti a Paul Klee): la Via comunque e non il Percorso, perché questo sarebbe tracciato in anticipo. I frammenti delle Brache per il David sono pure affidati in custodia al Segretario Politico del PCI.

EPITESTO

Tutto quanto precede fu scritto per il banale impulso di una giornalista, che aveva da fare un suo pezzo su qualche smemoranda eposizione di Arte Pneumatica, sponsorizzata anche da Pirelli. Sì: l'Arte Pneumatica che, lo ripeto ma modestamente, ho battezzato io con questo nome. So bene che il mio scritto qui di sopra può funzionare al massimo nei taglia-e-incolla da tesi di laurea e che invece, è davvero inadatto al fru-fru femminile del giornale in questione. Ma serenamente, mi sono esposto al massacro testuale, senza pretendere versioni integrali, per altro inaccettabili persino su Flash Art o su qualsiasi ogni altra rivista di sedicente arte, laddove ogni testo appartiene ai Critici mentre agli Artisti, nel migliore dei casi, appartengono soltanto le figure. Ho i miei motivi, saggiamente politici, per farmi saggiamente dilaniare oppure ignorare, come è assai più probabile.

Il motivo principale è che il neoprene è fotosensibile cioè si degrada alla luce del sole e pure a quella delle lampadine. Sì, il neoprene: è il derivato del petrolio che ora si usa per fare pneumatici, mentre l'antica gomma di caucciù, quelloche cola negli scodellini giù per gli alberi delle piantagioni, oggi la trovi più al massimo, nei preservativi o nella gomma da masticare. Perciò, ogni opera di arte pneumatica (a parte quella in preservativo, che anche di questa ne ho fatta però qui non c'entra) è destinata a distruggersi in tempi brevissimi, a meno che non stia nel buio del caveau di una banca, nell'attesa di un giudizio o esposizione universale o, forse meglio, di un'asta da Christies.

Nel frattempo, mi par giusto di fare circolare in qualche modo, anche sui settimanali femminili, questa piccola avventura. che è a mio giudizio, piuttosto banale... però è sempre meglio che niente. Come ci insegnano i Situazionisti: "quando una società distrugge la possibilità dell'avventura, resta una sola avventura possibile, che è la distruzione di quella società". Purtroppo, non avevano capito che certe società si distruggono da sole. E l'avventura è altrove, come è sempre, la vita. Buonasera, Rimbaud!

Sunday, May 04, 2008

Cop-Rici-Sedile

Cop-Rici-Sedile è un tappeto annodato a mano in materiale riciclato, che si destina emblematicamente alle sedie, alle poltrone, ai divani e ai sedili d'automobile.

>>> SLIDE SHOW

Cop-Rici-Sedile sviluppa il concetto del tappeto Re-Jeans, che si destinava emblematicamente alla funzione di scendibagno, mirando ugualmente ad estendere l'influenza culturale del tappeto nell'area della vita quotidiana: dal bagno, alla sedia, all'automobile.
Il tappeto Re-Jeans era un tessuto piatto come una stuoia, fatto col classico telaio a pedali. Cop-Rici-Sedile invece, è tessuto in rilievo come un tappeto persiano, con l'identica tecnica dei nodi sull'ordito di un telaio verticale. Rispetto al tappeto classico, varia solo il materiale dei nodi, per i quali si riciclano vecchie stoffe lacerate: di jeans ma non solo.

Ammetto con orgoglio di essermi ispirato a un umile tappeto che
copriva la cassetta di una carrozzella di Marrakech: era già quello un copri-sedile, tessuto a mano annodando degli stracci. Ho variato soltanto la densità dei nodi, la trama di fondo e ma sì, anche il disegno.

Già il tappeto Re-Jeans, scendibagno in origine, assurge allo stato di opera d'arte nella prossima Triennale Internazionale di Tournai. Probabilmente, al Cop-Rici-Sedile, si prospetta un analoga valorizzazione.
Ma la Facoltà di Tessere non mira troppo al lucro, mira piuttosto al futuro dell'arte, che sta nella massima condivisione. Perciò si istituiscono due nuovi Corsi: per apprendere a tessere Re-Jeans e Cop-Rici-Sedile, con lo stesso materiale di stracci che ogni allievo recuperi.


>>> SLIDE SHOW

>>> Tappeti, automobili e sedie
note a margine di Cop-Rici-Sedile

Tappeti, automobili e sedie

note a margine di Cop-Rici-Sedile

Sul finire del secolo scorso, mi recavo nel Nepal per rintracciare un brigante di Venezia, e tintore di lane con erbe himalayane, che tesseva degli splendidi tappeti a Katmandu, all'insegna de Fontego (o fondaco) dei Tartari. Uscito di aeroporto, entrai in un taxi che aveva sui sedili dei piccoli tappeti, annodati a mano. Lo interpretai come un fortunato auspicio ma poi mi resi conto che questi tappetini stanno proprio dentro tutti i taxi nepalesi.
Vent'anni dopo, arrivo nel Sahara algerino e cii trovo altri tappeti nei ai fuoristrada dei profughi-autisti Saharawi, che mi portano a tessere per un nefando progetto di cooperazione (LINK).
Prima ancora di incontrare autisti Nepalesi e Saharawi, ho avuto mio padre che, di mestiere, stava molto al volante perché faceva il rappresentante. Il suo ambiente intimo, molto più di casa nostra, era la sua adorata automobile che, anche lui, decorava con curiosi accessori. Sicché, quando mio padre prese atto che questo suo figliolo appena laureato faceva il tessitore e non il professore, mi chiese di tessergli un bel tappeto per il suo sedile di guida.
Insomma, questa idea di infilare i tappeti nelle automobili non è davvero una novità. Certamente, in origine il tappeto sta in terra perché fu inventato da gente che sedeva per terra. Poi, non si legge come né perché, anche i popoli europei (che siedono più in alto, cioè sopra dei sedili) introdussero i tappeti nel loro arredamento. Azzarderei a scrivere un'ipotesi arbitraria ma che trova riscontri documentali negli archivi delle antiche sagrestie. Presumo che il tappeto fu introdotto in Occidente come un arredo sacro per gli altari della chiesa cattolica romana. Certamente, nell'iconografia dei tappeti orientali, si risconta ben poco di cristiano. Ma forse, ai Cristiani, gli tornava anche meglio così: non si calpestano i simboli sacri, è sacrilegio! E infatti, ogni croce fu ben presto bandita dai pavimenti a mosaico paleocristiani.
D'altra parte i Nipponici, astutamente, imponevano ai mercanti europei, che volessero sbarcare e commerciare nei loro porti, di camminare su immagini sacre del Cristianesimo. Così i Portoghesi cattolici non ebbero accesso al Giappone. Mentre invece gli Olandesi protestanti, che non tenevano ai Santi ed erano molto più tolleranti, passeggiavano tranquillamente sulle icone cristiane, intraprendendo fiorenti commerci con il Giappone. Poi oggi si parla di "civiltà moderna dell'immagine" come se fosse una gran novità... mentre invece l'immagine è proprio la radice di ogni civiltà.
Tornando alla questione del tappeto, può darsi che questo arrivasse in Europa con il bottino delle Crociate e si destinasse agli altari di chiesa ma pure ai palazzi dei Nobili. D'altra parte, i Re Cattolici che invasero la Spagna, non vi estirparono insieme con l'Islam pure l'arte del tappeto, che invece continua a fiorire per secoli, con gusto europeo, fornendo di arredi preziosi gli aristocratici laici ed ecclesiastici.
Poi si arricchisce anche il Terzo Stato, la famosa Borghesia, che finalmente avrà la facoltà di adottare i costumi e gli arredi dell'Aristocrazia, sempre da essa invidiata ed ammirata per la sua raffinata e lussuosa cultura... una cultura talmente raffinata da includere i tappeti orientali. Si espande così, in Occidente, la cultura del tappeto... fino alla odierna Ikea, dove si serve pure il Quarto Stato. Così oggi, il tappeto può infilarsi in ogni casa popolare. Mai nessuno qui, però ci si siede, perché prevale l'uso inveterato dei Nobili, che il tappeto avevano adottato, non l'uso dei Nomadi che l'avevano inventato.
Ammesso tutto questo, torniamo alle automobili, alla ricerca di qualche mediazione. L'automobile è sacra: è il massimo altare dell'attuale civiltà, che ammette e giustifica i sacrifici umani degli incidenti automobilistici e, ipocritamente, li chiama: incidenti stradali... come se fosse la strada ad uccidere e non le automobili. Così oggi, occorre infiltrare un tappeto artigianale nell'ambiente sacro e industriale dell'automobile: è un atto politico fondamentale! Ciascuno di questi tappeti bisbiglierebbe qualcosa di nuovo (e insieme, di antico) all'occhio e alle natiche di chi ci siede sopra: la tessitura è un fatto culturale ma la cultura è un fatto quotidiano. Non è sufficiente sostituire i quadri con degli arazzi tessuti:
nel ristretto ambito dell'arte, già si può quasi infiltrare di tutto, ma è assai più complesso ed ambizioso infiltrare gli ambienti quotidiani.
Oltre ai sedili automobilistici, occorre di occupare con dei piccoli tappeti anche i sedili statici: che siano questi privati o pubblici, domestici o pure ufficiali. Si dice che un amore straordinario può innalzarci 3 metri sopra il cielo. Intanto l'uomo bianco, e anche l'uomo di colore candeggiato, siedono sempre a qualche decimetro sopra il livello del suolo. Peggio ancora: si siedono a tavola nascondendoci sotto più di mezzo corpo: la cosiddetta metà inferiore. E' così che socializzano, convivono e stringono accordi internazionali: seduti attorno un tavolo ma sotto sotto, e segretamente, gli sporcaccioni si fanno "piedino". Se per caso, al di fuori della spiaggia, dove è lecita persino la nudità del piede, si incontra per caso qualcuno di aspetto civile che sieda per terra, viene spontaneo chiedergli se non stia facendo yoga o qualche altra esotica meditazione.
Si può anche sorridere anzi, si deve... ma senza tappeti, come fate a volare?