Wednesday, December 19, 2007

la notte dei presepi viventi


Risiedo a mala pena da un anno nell'antico borgo di Porchiano, nell'Umbria. A questo mio primo Natale in paese, i miei neo-compaesani mi hanno offerto una parte nel loro presepe vivente. Sarei io, esattamente, il neo-compaesano, mentre loro risiedono da vari secoli. Comunque, nel presepe, starò ad interpretare il Tessitore. Il che in effetti, è il mio vero mestiere: lo faccio ancora a mano, da trent'anni, e lo faccio "col telaio di una volta". Sembra una fiaba ma invece è realtà. E mi pare una realtà contemporanea, i miei lavori almeno, rientrano in musei e gallerie di arte, appunto, contemporanea. Del resto, c'è un grande passato nel nostro futuro o viceversa, come suol dirsi. Da lontano si viene per andare lontano.
Ma quando racconto che starò nel presepe, certi amici, anche loro arrivati in paese da fuori, arricciano il naso. Potrei rispondergli come Eduardo: "Non te piace o presepe? E allora va' a casa di quei delinquenti che no je piace o presepe! (E. De Filippo, Natale in casa Cupiello). Fatto è che in italia, si butta ogni cosa in politica... ma quale politica? duellini porta a porta per un televisore! Purtroppo i miei amici intellettuali siano convinti dogmaticamente che il presepe non è di sinistra, culturalmente, tranne il caso che non lo si ambienti ambienti nell'odierna Palestina occupata, con il Bambino in fasce di kefya e con Erode in divisa israeliana.
Ma questo non è il caso di Porchiano: i nostri costumi e scenografie, in teoria, sono d'epoca, che sarebbe l'anno zero del corrente calendario. In pratica, per gli attrezzi degli antichi mestieri, si è spolverato dalle cantine ogni oggetto dismesso degli antenati. Roba che al massimo, avrà forse un secolo e che, neppure per foggia e modello, risalirebbe oltre il medio evo. Per i costumi, ci s'è arrangiati creativamente, senza troppo preoccuparsi della storia del costume.
E c'è pure una storia del costume nel presepe, con esperti che distinguono i falsi dalle autentiche statuine di valore. I collezionisti se le contendono, senza badare a chi gliele offre... fosse un ladro in sacrestia dei sacri arredi, come lo canta Dante. In questa storia di presepi e costumi, si incontrano certe statuine liguri del XVIII secolo che indossano calzoni in tela jeans. Così vestivano i popolani dell'epoca e questo stesso nome nome di "blue jeans" è una storpiatura del termine "blu genovese". Ma ciò vuol che nel '700, già si facevano presepi in costume ed in ambiente contemporaneo.
Questo comunque, non è il caso di Porchiano: gli oggetti rinvenuti in cantina non sono affatto contemporanei. Sono anzi chiaramente, oggetti del passato: oggi invece, qui si usano trattori, motozappe e motoseghe, motofalci e mototutto. Ma ancora, i miei amici intellettuali arricciano il naso sulla pretesa autenticità della nostra installazione presepiale. Senza accorgersi che le loro stesse case sono ingombre di uguali antichità: tutti mobili e soprammobili, questi loro, neppure ereditati ma banalmente acquistati da qualche antiquario o scovati (si dice: per una sciocchezza) frugando bancarelle e mercatini. Se i miei amici invece, possedessero ancora qualche attrezzo dei propri antenati, forse andrebbero fieri di esporlo in presepe.
Ciascuno ha i suoi morti, è inevitabile: senza antenati, nessuno sarebbe mai nato. Oggi a Natale si celebra la Natività. Però, in questi stessi giorni dell'anno, si celebrava un tempo, la festa dei morti. Sembra contraddittorio ma è logico: questa logica dei contrari, o dialettica, non l'hanno inventata né Hegel né Marx, mi dispiace per gli amici intellettuali di sinistra. La logica dialettica delle classi subalterne si manifestava pubblicamente nel Carnevale: con le sue maschere della Morte Gravida o della Vecchia Incinta, con bimbi venerati come vescovi, con asini adorati sugli altari delle chiese (e che non mancano mai nei presepi).
La storia sacra ci insegna che il presepe fu inventato da Francesco e che Assisi ne conserva la capanna originale: a Santa Maria degli Angeli, per la precisione. Può anche darsi che quella capanna sia autentica però non fu affatto la prima, mi spiace per l'Umbria, cui verrebbe sottratto il primato dell'invenzione. Il De Simone, antropologo napoletano, ha studiato il presepe e vi ha rintracciato ancestrali rituali pagani. Le statuine del presepe, in origine, rappresentavano i Lari: divinità domestiche del focolare e cioè, gli antenati di ciascuna famiglia.
Intendiamoci: qui non si tratta di quel paganesimo che fu religione ufficiale dell'antica Roma, con i suoi templi immensi e con i suoi celebri dei. Per i Latini, paganus significa "rustico" (da pagus: borgo) ma dopo significa anche "non cristiano" perché il Cristianesimo tardò ad affermarsi nelle campagne. Naturalmente allora, "pagano" connotava anche in senso spregiativo, perché era religione del villano. "Villano" che ugualmente, in origine, era il campagnolo ma che oggi significa maleducato. Come "lazzarone" e "zotico", altre parole per indicare prima, e poi, spregiare il popolo ignorante: quel volgo che appunto, sarebbe volgare per definizione. Ma anche Dante che aveva studiato, poi volle scrivere in lingua Volgare e adesso lo studiano a scuola.
Nel presepe c' è insomma, un rito popolare precristiano offerto ai defunti, dai più recenti ai remoti antenati, fin su agli inventori ancestrali di ogni arte o attività quotidiana. Senza di essi, non faremmo che facciamo, non saremmo ciò che siamo, non esisteremmo nemmeno. E' un dato più che logico: è biologico. Così, il presepe vivente ricorderebbe i morti "villani", che altrimenti non avrebbero altri monumenti. O meglio, il presepe concilia i viventi (tutti morituri) con tutti i loro morti, che in qualche modo, sono sempre villani e sempre viventi. Così è anche il mio mestiere, di tessere a mano, dentro e fuori dal presepe. E così pregherò gli antenati di esserne degno... ma temo che gli amici arricceranno il naso una altra volta.
Dimenticavo infine, di dire che il presepe vivente di Porchiano avrà la prima cometa vivente di tutta quanta la storia del presepe: sarà una stella che cammina sui trampoli, con tutte le punte intorno alla testa, come la Statua della Libertà. E anche questa, rivendico, tra gli antenati.

Comunicato Stampa
Presepe più vivente a Porchiano

Nella cerchia turrita del borgo medievale di Porchiano, l'Associazione Culturale Santa Cristina presenta la prima edizione porchianese del Presepe Vivente. Certamente, ci sono moltissimi eventi del genere e specialmente in Umbria, almeno dai tempi di san Francesco. Ma è straordinario che un borgo piccolo come Porchiano sia riuscito a coinvolgere un così grande numero di personaggi. Infatti, sulla scena della sacra e popolare rapresentazione, oltre sessanta paesani saranno impegnati ad interpretare le attività tipiche e tradizionali. D'altra parte, l'impegno volontario di questo paese è già noto da anni per le manifestazioni dell'Estate Porchianese. Insomma, fra gli altri presepi, questo promette qualcosa di speciale. Già i manifesti. annunciano l'evento con una citazione sul presepe da Giorgio Manganelli, che il più celebre scrittore, insieme a Umberto Eco, nell'avanguardia artistica degli anni sessanta:
“Io sto macchinando per entrare nel presepe, allo stesso titolo di coloro che ora lo popolano. No, non mi basta guardare il presepe. Se io entro, io diverrò parte del Natale, capite?.
Sarò necessario alla sacra rappresentazione, e dunque una parte del senso sarà affidata alle mie mani, sarò un sodale della Madre, del Padre, del Pastore uno, del Pastore due, della Pastorella, della Vecchietta, del Ruscello, del Bue, dell’Asino, e di quant’altri vorranno accorrere alla celebrazione dell’inizio del Significato.”
Saranno offerte degustazioni dei prodotti tipici locali. Anche l'ingresso al presepe e paese è gratuito.
26 dicembre 2007 e 6 gennaio 2008, ore 17
INFO 0744 980100

Friday, December 14, 2007

RE-Jeans 1: l'invito


Facoltà di Tessere a
Porchiano del Monte
http://porchiano.blogspot.com

Luciano Ghersi
R E - J E A N S

Tessuti a mano in jeans riciclato.
Sembrano quadri
ma sono molto meglio:
sono anche tappeti.

14 dicembre - ore 18
INAUGURAZIONE
Nuovo Studio Tessuti
via San Simeone 12
(di fronte alla ex sezione PCI)
Porchiano del Monte
(Amelia - Terni).
Ore 17 - 20, venerdì sabato e domenica, fino al 6 Gennaio 2008
o senza problemi su appuntamento.
Tel:
338 6762691

On line:
http://lucianoghersi.blogspot.com

Re-Jeans


Facoltà di Tessere a
Porchiano del Monte
http://porchiano.blogspot.com

Luciano Ghersi
R E - J E A N S

Tessuti a mano in jeans riciclato.
Sembrano quadri
ma sono molto meglio:
sono anche tappeti.

14 dicembre - ore 18
INAUGURAZIONE
Nuovo Studio Tessuti
via San Simeone 12
(di fronte alla ex sezione PCI)
Porchiano del Monte
(Amelia - Terni).
Ore 17 - 20, venerdì sabato e domenica, fino al 6 Gennaio 2008
o senza problemi su appuntamento.
Tel:
338 6762691
On line:
http://lucianoghersi.blogspot.com

Saturday, December 08, 2007

RE-Jeans 2: le Foto

re-jeans

re-jeans detail

beware the cutting 2

beware the cutting

re-jeans on loom

re-jeans on loom 2

re-jeans in the bathroom

Re-jeans 3: il testo critico

Bellezze al bagno in jeans riciclato
auto-critica dello Scendibagno

I cultori dell'arte contemporanea sono disposti ad accogliere le sovversioni estetiche o concettuali. Non tutti sono aperti a sovversioni esistenziali. Vale comunque la pena di tentare. Dunque attiro la loro pregiata attenzione sui miei ultimi lavori, chiamati Re-jeans o Scendibagno. E' una proposta in apparenza umile ma che, in sostanza, è sovranamente perversa. Di fatto, il mio lavoro è un tappetino vero e proprio, che può installarsi in un vero e proprio bagno, perché è funzionale, lavabile eccetera. Nondimeno è un'autentica opera d'arte, tessuta a mano artisticamente da un artista vero e proprio, contemporaneo e storicizzato, ovvero da me stesso.
Per creare o fabbricare i miei Scendibagno, ho dovuto fare i conti con la trama ribelle dell'opera, che consiste in vecchie paia di jeans. Le ho prima lacerate e poi tessute, come negli umili tappeti di straccio: i cosiddetti pezzotti. In più nella mia tessitura, ho fatto rientrare i peculiari intoppi materici di questi pantaloni: rivetti, passanti, cuciture ribattute. Ho accantonato le cerniere lampo... che mi riservo per qualche altra opera.

Alla fine, ho pure accantonato ogni forma di ascendenza pittorica, sia geometrica che figurativa. Sono persuaso che l'arte tessile (come ad esempio, l'arte della musica) implichi forme e linguaggi propri, perfettamente autonomi, e differenti dalla pittura (e più affini alla danza, caso mai).

Così, trama facendo, senza neanche volerlo, mi sono rivolto a certe forme cinetiche della tessitura, forme che direi universali, perché si rintracciano (più o meno percepibili) pressoché ovunque: dal Copto archeologico al Kilim anatolico. Non ho definito queste forme "cinetiche" perché siano mobili: hanno anzi, da stare ben ferme... altrimenti il tessuto si disgrega!

Queste forme sono invece cinetiche logicamente, perché sono originate da fili in movimento. Forme cinetiche che, nel mio caso, sono tracciate da strisce discontinue, ricavate da jeans differenti, sia per colore che per consistenza. Mettendo in moto queste strisce eterogenee, invece dei soliti fili omogenei, non più si campiscono zone cromatiche né più si delineavano disegni precisi.

Putrroppo, il Critico ingenuo rintraccia influssi di simboli arcani persino nelle forme cinetiche della tessitura. Eppure Derrida ci ha insegnato che persino "il pensiero non vuole dire niente", ma tant'è, si ricercano ancora i significati come canditi dentro a un panettone, quando invece si ha di fronte a un pandoro (che come noto, è privo di canditi).

E siccome non vuol dire proprio niente neppure il presunto disegno di un mio Scendibagno, proprio qui, modestamente, si distilla il tormento (e l'estasi) di un lavoro alle prese con le forze segrete della creazione. Una creazione che direi estetica, per non subire il destino del giovane mozzo, personaggio di Melvile (Moby Dick, capitolo XCIII): "Aveva visto il piede di Dio sul telaio, e lo raccontava. Per questo i suoi compagni lo pigliavano per matto."
Naturalmente, uno Scendibagno, si può anche incorniciarlo, appenderlo ai muri di studio, salotto e museo... e persino riporlo con cura nel caveau di una banca, in attesa che acquisti il suo autentico valore commerciale, oltre che culturale. A parte queste installazioni e fruizioni, artisticamente normali, Scendibagno, è pure applicabile direttamente su qualsiasi tipo di suolo o di pavimento, di accampamento o di appartamento. Si può inserirlo persino in automobile.

Nondimeno, il concetto originale di queste opere, nella sua integrità, imporrebbe di installarle in un vero e proprio bagno. So benissimo che, normalmente, le opere d'arte non si tengono in bagno ma è un altro grave errore culturale, nel quale i cultori dell'arte contemporanea non dovrebbero incorrere, a scanso di vergogna ed abominio. Infatti, il bagno sarebbe l'unico spazio di meditazione che sia rimasto all'Homo Civilis o ne è, certamente, lo spazio più frequentato. Perché dunque privarsi della compagnia e del godimento di un'opera d'arte, nei nostri consueti soggiorni nel bagno?

In effetti, l'atmosfera dei bagni è decisamente umida e mal si concilia con le tele dipinte. Ci starebbero meglio delle sculture (non di bronzo perché, quando si ossida, ne scolano umori verdastri) ma non sempre c'è spazio, in un bagno, per una bella statua di marmo. Lo spazio disponibile invece, c'è sempre per un tappetino. E difatti, un tappeto nei bagni, ci sta quasi sempre... ma esso è raramente opera d'arte: è piuttosto dell'Ikea. Purtroppo, i normali tappeti d'arte non sopportano gli energici lavaggi che sono imposti da motivazioni igieniche.

Il bagno è sì, il luogo emblematico della pulizia ma è insieme anche il luogo del sudicio, dal quale ci si lava, e dove si fanno vari conti con il corpo, piuttosto indecenti. E' ritenuto impuro sopra tutto, anzi al di sotto di tutto, il pavimento del bagno, perché si crede che il microbo stia in terra, per quanto leggero ed aereo. E figurarsi dunque, in un bagno, quanto alto sia il rischio della contaminazione, pure estetica magari... ma isomma: con l'igiene non si scherza..

Solo un'opera d'arte che fosse realmente lavabile potrebbe accedere al territorio impurissimo, quale sarebbe un pavimento di bagno. Ma tale è appunto il caso di questi Scendibagno perché, tessuti in stoffa di jeans, sono robusti e lavabili ad alte temperature... e non si rovinano anzi, migliorano.

Ci sono opere d'arte che aspirano alla conservazione e ci sono altre opere che invece, si perfezionano nella degradazione, Ad esempio, un pregevole tappeto sarà più molto più bello se usato e invecchiato di quando era nuovo. in questo giudizio, interferisce senz'altro, il famigerato carisma dell'autenticità. Per il quale carisma, una bisaccia sforacchiata e bisunta, ma usata realmente di autentici nomadi, è più pregiata di un più raffinato ma nuovo esemplare.

Per quanto riguarda i miei Scendibagno, occorre anche piuttosto riferirsi alla peculiare estetica della tela jeans: è una tela accresce di pregio con l'uso, decolorandosi in varie sfumature. Da cui l'aberrazione commerciale di produrre pantaloni invecchiati artificialmente, con appositi processi di decolorazione, di abrasione e di lacerazione. Del resto, pure i tappeti d'arte, vanno soggetti ad analoghe e premeditate aggressioni...

Tornando ai cultori dell'arte contemporanea, il possesso di un tappeto Scendibagno gli offre una inconsueta procedura per contribuire alla storicizzazione (invecchiamento e autenticazione) di queste opere. Poi essi avranno l'ulteriore privilegio di non leggersi sul water uno stupido giornale: avranno lì davanti sul tappeto una fonte inesauribile di informazioni e di suggestioni, da approfondire quotidianamente.

Finalmente, nell'arte e nel bagno, anche il piede vuole la sua parte. In questi preziosi momenti, quando anche l'Homo Civilis è totalmente libero da ogni calzatura, i suoi piedi potranno assaporare le superfici riccamente materiche di Scendibagno, che oltre tutto, dà un benefico massaggio.

Per tutte le sue ottime ragioni e funzioni, Scendibagno è destinato introdurre nella storia delle arti una nuova e feconda tipologia: starà a fianco del ritatto, del sonetto, della commedia, della sinfonia... Per questo non intendo affatto brevettarlo. Sono anche disposto a insegnare come si fa. "Sono contento quando mi copiano. Questo vuol dire che ho delle buone idee." (Bruno Munari).

(Porchiano del Monte, XII 2007)

Monday, November 19, 2007

Dale Massiasta, i funerali

godwin azameti
death announcement
kindly post the ANNOUNCEMENT OF THE death of my beloved Big brother Dale Massiasta, the Director of the Blakhud Research Centre Klikor online for our numerous friends worldwide to see the BURIAL AND FUNERAL RITES WILL BE ON THE SATURDAY 12TH, JANUARY,
2007at Klikor in the Volta Region of Ghana.

funeral arrangement are as follows:
friday 11th january 2008 is the Wake keeping,
Saturday, 12th January 2008, burial and funeral rites,
Monday 13th, January 2008, Family Gathering and Thanks-Giving Service.

E' morto Dale Massiasta, grande tessitore, scrittore e direttore del Blakhud Research Centre.
i funerali avverranno sabato 12 gennaio a Klikor, in Ghana.

Friday, November 09, 2007

Mostra a Lavagna




Il 9 novembre inauguro a Lavagna la mia mostra EX LIBRIS, con un catalogo dedicato, appunto, ai miei Ex Libris
Credo anche di mostrare qualche video storico, come la intervista di Caterina Gualco a una mia oscura mostra in Grosseto nelle fosse di un festival dell'Unità.

EX LIBRIS e’ strutturalmente un tessuto... tecnicamente, esso e’ tessuto a mano... artisticamente, e’ un capolavoro... sicuramente del tardo Novecento. Per creare o per tessere EX LIBRIS, oltre l’artista ci vuole un grosso telaio da tessitura dove si tendono i fili di un ordito (che e’ di speciale stame per tappeti) poi ci vogliono dei libri (per la trama)... pero’ solo libri antichi, di due secoli almeno... se ne trovano anche troppi, specialmente in latino, che nessuno piu’ legge... bisogna riciclarli, potrebbero inquinare... non potete immaginare l’orrore del tessitore... mentre affetta quei libri con l’apposito strumento... altrimenti non puo’ tesserli con il telaio... non ci entrerebbero (dentro l’ordito)... a strisce invece sì e sono molto resistenti... non e’ mica la cartaccia dei giornali: e’ tutta vergata e fili granata. EX LIBRIS tutto qui? No, ci mancano ancora ferri... ferri vecchi, ma anche meno di due secoli... la ferraglia va pure inserita nel capolavoro (previo trattamento antiruggine)... lo scultore scalpella e il pittore spennella ma il tessitore e’ un inserzionista... non scalpella né spennella ma inserisce e connette... per inserire i libri, gli bastava farli a fette... ma per inserire i ferri ricorre ad ulteriori connessioni (con un ordito speciale, supplementare)... sono quei pochi fili colorati... sono essi che allacciano i ferri, non li dovete spostare. In EX LIBRIS, alla fine, emergono certe figure o scritture costruite coi ferri emergenti dalla trama di fondo, costruita coi libri... figure o scritture variamente interpretabili, quelle composte dai ferri... eppure ogni loro elemento e’ di origine rustica... proviene da discariche e da siti rurali... sicche’ il libro sottostante e’ zittito, in primo piano si racconta in volgare... grazie all’inserzionista tessitore... che si risparmia di aggiungere altro... affidando ogni simbolo eventuale... all’eventuale cura degli utenti...

mostra fino a 30 gennaio
Agheiro arte contemporanea
C.so Buenos Aires 60/62 - 16033 Lavagna (GE)
Tel e Fax 0185 37.00.32 - info@agheiro.org - www.agheiro.org

Wednesday, October 17, 2007

antichi miei

> FOTO Album

antichi miei 19-21

Fra un trasloco e quell'altro, ho l'occasione di documentare molti pezzi, anche inediti, che risalgono fino al lontano 1979. Tutte fibre ecologiche, molte tinture naturali, figure quanto meno possibile, più che altro coincidenze e interferenze tra fili in un kilim minimalista.
In questo mucchio di arazzi astratti (e cioè tessilmente concreti), si infiltrano i sorrisi formali e figurali di una Gioconda e due Buddha.
Infine, si inserice la greve e vile materia di Palle Tessili, ancora più recenti.

Palle tessili

> FOTO Album

Thursday, October 11, 2007

Palio di Porchiano 1-3


Progetto Palio Porchiano

Lo obiettivo è la produzione di un palio tessuto a mano, di circa 2 x 2 mt, da ostendersi in occasione di feste, sagre, esposizioni e cortei. Il tessuto è realizzato con fibre di recupero (buste di plastica, stoffe lacerate) che compongono il disegno essenziale di una porta turrita, assunta come emblema del paese di Porchiano del Monte.
Ma ben più che la creazione del Palio, inteso come opera o prodotto finito, l'obiettivo mirato è il suo processo produttivo, cioè nella situazione collettiva di un laboratorio formativo e creativo (workshop)...
vai a Progetto Palio Porchiano







Thursday, October 04, 2007

Mostra personale a Brescia

La Parada http://www.laparada.it
Dal 14/10/2007 al 2/11/2007
Inaugurazione il 14/10/2007 alle ore 18:00
Mostra del Maestro Tessitore Luciano Ghersi

Wednesday, September 26, 2007

Sempre Sassi di Davide


Sono stato al monte Amiato
dov'è morto Gesù Cristo.
Anche lui l'era socialisto
e morì per la libertà.




Son tornato a Monte Labro per visitare il tempio del santo Davide, David Lazzaretti, profeta di Arcidosso e messia dell'Amiata ( * ). E' un santo proclamato dal popolo... per la chiesa di Roma era un eretico scomunicato: comunista e garibaldino. Garibaldino, precisamente no: andò solo volontario con l'Esercito Sabaudo, nei primi attacchi allo Stato Pontificio. Quanto al suo comunismo, era mera applicazione del vangelo: "La repubblica è il Regno di Dio", era il motto di David. Peraltro, chiamava la chiesa di Roma "setta scriba e farisaica dell'idolatria papale". Ebbe religiose visioni che lo portarono a edificare riforme sociali e nuove architetture. Ebbe un grande seguito di popolo, che fu represso dopo la sua morte, avvenuta alla testa di un corteo per evitare una strage, premediata politicamente da funzionari del Regno d'Italia ( ** ).



Son tornato a Monte Labro per visitare il tempio del santo Davide... ma ci sono passati i restauratori. Ebbene, nonostante cent'anni di progressi scientifici, qui hanno fatto un lavoro peggio che Troia, la città reinventata dall'Evans, celebre archeologo ma fantasioso.
Tra i ruderi della nuova Sionne, città del santo David, ora hanno piamente sepolto la fornace per cuocere la calce, già necessaria per edificare le architetture comunitarie. Quella fornace non è ritenuta storicamente istruttiva. Eppure trasmette lo straordinario episodio dei davidiani, tutti in fila per chilometri, a passarsi di mano fascine di legna, per la fornace ardente in vetta alla montagna, dirimpetto al vulcano dell'Amiata
Il forno del pane comunitario non è invece scomparso: me nanno fatto uno nuovo, in un posto migliore anche se, ovviamente è vietato cuocerci il pane, pericolo di incendi. Sono ovviamente vietati anche tradizionali "Fuochi di Davide", i falò per l'Assunta. Tali restauri e tali divieti su luoghi del fuoco forse sarebbero da rimeditare, rispetto a David che, com'è noto, fu battezzato e ribattezzò con il fuoco.



Tutt'attorno: parapetti e scalette con tipici archetti: una piccola Disneylad di tipiche pseudorovine. "Poveri popolini, quando le macchie saranno giardini!
Così a Monte Labro, si può visitare Davidland. In questa bella impresa, c'entrano almeno il Municipio di Arcidosso, il Centro Studi David Lazzaretti, il parco Paunistico Ambientale, in cui rientra il sito e, soprattutto il Monte dei Paschi: la rapina bancaria più antica d'Europa. Mentre le Belle Arti, han ben altro a sovrintendere, che dei ruderi di officina rurale. La Torre spiralata di David è forse più rara, perchè fu progettata da un mistico sogno, però non è certo un palazzo e neppure una chiesa... non c'è troppo da spenderci in studi e contributi.


Ma gli archeologi o restauratori (o geometri, temo architetti) hanno mutato pure la sostanza, oltre alla forma delle reliquie. Non si sono occupati del recupero delle pietre originali, certo piuttosto difficili da sistemare: non presentano il taglio e il formato uniforme della pietra moderna da costruzione... né più c'è muratori di una volta. E pietre ancora scomode a pigliarsi: cadute molte giù per i dirupi, anche in seguito ai tiri di artiglieria. I militari al tempo del Fascio, bersagliarono il sito per anni di normalissime esercitazioni, senza intenti vandalici.
Così l'altr'anno, scaricavano in sito qualche bel camion di pietre fresche, con tanto cemento e tubi di ringhiera. La colossale chiavarda di ferro, con tanto di occhiello forgiato a mano, l'hanno gettata allora tra rovi, perché non resta muro più, da contenere. Invece, le pietre bellamente intagliate che incorniciavano i muri crollati, non si sono toccate ne assicurate. Di pietre scolpite, ne restano ancora qua e la, a disposizione di chi ne voglia altre trafugare, per riciclarle nei tipici casali toscani. Stesso discorso e stesso destino per quegli inutili scolatoi di pietra, affrettarsi...
Ricordo in proposito, che proprio l'architetto di Davidland approvò la mia ipotesi di un restauro lievissimo, volto a recuperare e valorizzare i pregiati manufatti lapidei, soprattutto cornici e scolatoi. Bastava ricomporli e collegarli tutti al suolo in un'opportuna disposizione. Il lavoro del cantiere di arte pubblica "I Sassi di David" aveva già propagandato coi fatti esattamente questa operazione (*** ). Si dislocarono pietre, assai meno pregiate, perimetrali al bersaglio per l'artiglieria per ricomporre il simbolo di David )+(, segno che, stranamente, si traccia con le identiche linee di un bersaglio (+). Non per nulla: era profeta.
Nel suo piccolo, il cantiere di arte pubblica fu ugualmente deriso. Salvo poi a lavori eseguiti, sfruttarne le immagini nelle pubblicazioni promozionali del Municipio. Nel suo piccolo, nel suo piccolissimo, così si va e si ripete la Storia.
-
( *) Per la storia su David lazzaretti, leggi: David Lazzaretti, la vera storia. ON LINE: Edizioni Stampalternativa
( ** ) Per il delitto di Stato, leggi: Piero Gremio; David Lazzaretti, un delitto di stato. Storia Ribelle editrice.
( *** ) Per "I Sassi di David": http://www.hypertextile.net/IAP/sasdav.htm cerca: "Istituto Arti Pubbliche" + "IAP".

Saturday, September 22, 2007

Primo Corso di Telaio Vero

Facoltà di Tessere a Porchiano del Monte
Primo Corso di Telaio Vero

Due o tre fasi dell'ordire

Ordire sulle mura


Warping on the Wall - Ordire sulle Mura

PRIMO TEMPO. Dentro a una torre della Piccola Muraglia Porchianese, un tessitore prepara gomitoli di filo colorato con il suo mulinello. Poi distende il suo filo lungo le mura. Un'anziana signora gli chiede che lavoro è. Lui risponde che è l'ordito.
SECONDO TEMPO. Stessa scena di Muraglia Porchianese, il tessitore svolge un rotolo di stoffe che poi taglia con le forbici. Raccoglie i pezzi e si allontana, saltuando un piccolo cane. E' il suo?
Un ulteriore interrogativo irrisolto: che cosa è mai successo tra il primo tempo e il secondo? Perché gli stessi quei fili sono diventati stoffe? Alla prossima puntata, si svelerà la trama...

Accarrettare

Friday, August 24, 2007

2 tappeti e 1 kimono







Due tappeti annodati, uno con la lana e quell'altro con le stoffe stracciate.
Più sopra, un kimono ciclistico, tessuto con le camere d'aria di bici e anche un po' di tulle.
Cliccando sulle foto, si aprono gli album.

Saturday, August 11, 2007

Inaugurazione a Porchiano del Monte

11 agosto, ore 18 - 24
Si apre l'anno accademico della Facoltà di Tessere
INVITO PUBBLICO
clicca sul titolo di questo post ^ ^ ^
o vai su Terninrete
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Tuesday, July 31, 2007

nella vecchia Facoltà


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Arti in Campo 2005, situazione francamente antesignana della nuovissima
Facoltà di Tessere.
Là insegnavo un po' di tessitura a delle profughe Saharawi, già laureatesi variamente all'Avana. Il video si intitola
L'Africa incomincia all'Ombrone
perché allora si stava in Maremma e perché sempre si venera
Luciano Bianciardi, cui si deve la storica frase.

Alcuni si stupiscono che la Facoltà di Tessere abbia sede in un giardino, sia pure provvisoriamente. Ma il giardino puo sembrare una sede poco accademica solo a chi non ricordi che la madre di tutte le accademie, che è la scuola di Platone, nacque proprio nel giardino di un certo Academo... e appunto da questo prese il nome di Academia. Pure Epicuro insegnava in un giardino, ma pare che fosse di sua proprietà. La scuola dei filosofi stoici stava invece sotto un portico, che in Greco si dice "stoà". Stoici insomma, vuol dire in origine "quelli del portico". Per quanto poco stoico, come soluzione, il portico offriva un certo riparo dalle intemperie. Ancora oggi, negli Stati Uniti, chiamano "Campus" le università, per quanto abbiano sedi assai più struttrurate, e più prestigiose, di un campicello.

Nello storico VIDEO, si noti l'insegna accademica "Studio Tessuti", ereditata dalla Facoltà di Tessere (Studio è sinonimo di Università come in "Studium Bononiae", l'ateneo bolognese).
Si noti il vagone da circo, emblematico dell'eterna confusione tra professori, filosofi e zingari... Ma che ci posso fare? Non invento mai nulla di nuovo!
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Altro su Saharawi
:
POST in Blog:
Reality and politics in the Saharawi carpets
Saharawi, tessitura e belle arti
:
FOTO in Flikr:
FOTO Arti in Campo 2005
:
SITO in HyperTextile Net:
Formazione tessile Saharawi

Arte Tessile ambulante


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E' saltato fuori un video girato nel 2003 al Museo del Tessuto di Prato, all'inaugurazione di:"Artists at work - Nuove tecnologie nel tessile e nella fibre art" e della XII Conferenza di European Textile Network "New technologies and materials".
Il video documenta l'evento collaterale FREE FIBER, che
"adeguandosi all'inclusione delle arti tessili nel territorio delle belle arti, vuole estendere al settore fibr-artistico la tradizione degli artisti ambulanti nei pressi di Biennali Veneziane ed eventi consimili".
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Come opere intruse nella sede prestigiosa, FREE FIBER presentava:
Vestito di Giornali di Ivano Vitali e
Veste per Donna di Gomma del sottoscritto.

Per comprendere meglio il contesto, ci si può riferire al report di Giulia Nochers su Tessimilia: Prato Fiber Art.

Wednesday, July 25, 2007

Fili Spaziali

ENGLISH VERSION in Video Description
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Il protagonista del video precedente "Ricamo Solare", continua ad esplorare i labirinti dello spazio con le mani e con la guida del filo. Lui che aveva già affrontato la superficie, adesso è alle prese con il volume. Non c'è più un operatore oltre la rete, che gli restituisca il filo come una palla da tennis, ora deve arrangiarsi da solo.
Anche se non riesce a muoversi bene, lui è un tipo davvero intelligente e pone domande precise. Nell'esercizio precedente, mi aveva domandato: "Quale lavoro stiamo facendo?" Gli avevo risposto che facevamo un quadro. Questa volta ho risposto alla stessa domanda più sinceramente. Non gli ho detto che stavamo facendo una scultura. Gli ho detto che, con questo lavoro, forse avrebbe imparato a mettersi le dita nel naso. Si è messo a ridere e si è impegnato moltissimo. La casetta che abbiamo utilizzato per questo esercizio era semplicemente un vecchio modellino per la nostra Casa dell'Omo Ragno ...
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Friday, July 20, 2007

Tessere ... a piedi 2

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Finalmente online almeno un video sul classico telaio in ferrovecchio, utilizzato anche in
Global Home

foto di Vaclav Sedy da VilleGiardini 348

Kente inedito

ENGLISH ABSTRACT
1- An amazing nyonuvo, the Kente female cloth, in the Afi art gallery of Accra.
>>> Ewe Kente Symbols
>>>
Klicor Icon
2- The sample album of Mensah Azumah from Anlo-Afiadenyigba (Keta District).
Ewe Kente weaver since 1979.
>>> Afevo
3- Very Important Fashion Models
>>> Adzimakli Designer

1- Uno splendido pezzo di nyunuvo (veste femminile) con figure, fotografato nella galleria Afi di Accra, Ghana 2005.


>>> PHOTO ALBUM

2- Il prezioso album dei campioni di Mensah Azumah, tessitore kente Ewe attivo dal 1979, originario di Anlo-Afiadenyigba (Keta District).


>>> PHOTO ALBUM

3- Modelli VIP posano indossando kente in stile Yoruba.


>>> PHOTO ALBUM

>>> Altre foto di ambiente dal Ghana

Tuesday, July 17, 2007

Weaving is NOT what you think it is


My paper for:
Jacquard loom in contemporary textile art and education
International Symposium
Fondazione Lisio Arte della Seta
Firenze 19 - 24 Luglio 2007

There are more things in looms and fiber, Horatio
Than are dreamt of in your philosophy.
Almost Shakespeare, Hamlet, Act I

Even in the most serious Shakespearian plays, a clown may come on stage. Such an illustrious precedent justifies my participation in this undoubtedly serious conference. I will try to draw your attention to the “ignoble” (i.e. “non-noble”) origins of textile design through modern technology and to the mix-up between painting and weaving. I rely on my thirty-years of experience as a hand weaver, on the art history, on a handful of psycho-physiological data and on some tribal rugs on which not only I rely but I also lie on with pleasure. My contribution may be concentrated into three points:
1-Weaving is NOT what you think it is
2-Weaving is what you do NOT think it is
3-There is NO thought without weaving
I will support these arguments by having recourse, eventually, to one famous devil’s advocate, that is, Mephistopheles.

My blog opens with the following phrase: “I am a weaver but it's not what you think it is”. So I resort not only to Shakespeare to justify myself but also to the classic excuse of the husband who has just been caught in bed with another woman:” Don’t worry, darling. It’s not what you think”. What a poor excuse! In my case , it’s quite true…..but not only in my case, fortunately! Certain weaving is really not what you think it is: it is not traditional craftwork nor art. The term “Art” has uncertain and historically variable meanings. For example, in Italy weaving is still considered a decorative or applied art and this implies the existence of other art forms, fine arts to be precise. Of course, Italian fiber art aspires to be admitted to the fine arts “club” with all the advantages offered. Frankly speaking, I might have been interested myself: as there were no teaching posts available, I’ve had to create a specific “Faculty of Weaving”. You can imagine how tiring it is to be the dean….!

Getting back to that phrase on my blog, I was talking about art in general. In fact, the most frequent compliment I receive is: “Your work is art, not craftwork!”. Art…what does it mean? Its most common meaning is: “the expression of an inspired drawing through “artistic” techniques”. So, there is an inspiration that takes the form of a drawing . The artist transfers this mental drawing to paper and transforms it into a work of art through the (artistic) techniques at his/her disposal.

On the contrary, certain weaving is what you do NOT think it is. The thought is there, it is ineliminable but also inessential: weaving/art is always somewhere else. Where? In the concrete act of weaving. There is no weaving without threads, just like there is no music without sounds (2). If the spirit resides out of bodies and matter, these are simply dead. A mystic? An animistic? Perhaps, but I am in good company, with humble and simple weavers.
Give a look at these Moroccan rugs, woven in the tribal area of Boujad. Don’t waste your time by searching for symbols or meanings. As said above, these are inessential. Many researchers have tried and have come to the conclusion that there are symbols in traditional weaving but they are unconscious. That is to say, weavers unconsciously follow predetermined drawings, exactly as spiders do. By the way, have you ever seen two perfectly identical spiderwebs?

It now remains to distinguish between shape and shaping. A shape is a drawing in space, a symbol, an icon. An example of shape is a roadsign consisting of a red-rimmed white triangle bisected by a black stripe which means “danger, be careful”. Shaping is instead a process, an operation, an action taking place in Time. A rug weaver ties knots, one after another in a row along the weft. Then he ties the knots on the following wefts until he fills up the whole fabric. A knot is like a point, a row of knots a line and the whole rug, a surface. We can thus analyse the rug from a geometric point of view, identifying, classifying and taking a census of every shape existing on a territory and occupying a space. What about shaping in time? Is it the mere manual labour of weaving? I believe not.

Every knot marks a point. It is a colored exclamation mark destined to become a question mark compared to the upper row of knots. This colored mark can be isolated or ignored or become the founder of a new lineage along the warp. Or instead it can generate two divergent lineages that will unite again in another weft. That is how we obtain a rhomb. The mother vagina of the great goddess? Very well, then…let’s not talk about it anymore. However, personally speaking, I’m more excited by the pile: chromatic molecules that aggregate and separate in the manual process of shaping. Chaos? Improvisation? Or rather, gestures in syntony with instruments and material. Or instead, psycho-physiological interaction between the Subject and the World. If artistic creation exists, it is here, rather than inside a thought designing an abstract shape.

Even the most spiritual inspiration, the most intellectual and modern thoughts are descended from manual gestures, the ancestral gestures of the first weavers or basketmakers. They still are the structural elements of our neural fibers and system, including syntactic structure and logical connections. Psycho-physiologists demonstrate that every creative act taking place within our cerebral cortex is accompanied by a micro-gesture of our body. For example: we cannot picture a galloping horse without moving our eyes (3). Maybe one day we will be able to analyse the micro-gestures of a philosopher while lecturing or Wittgenstein’s gesticulation during his famous performances at home. Consequently, hand-weaving is good for not only the mentally disabled but also for the Computer Assisted Designer. It is not only a technical experience (which would prevent many technical mistakes), but also art. It would be good for philosophers as unfortunately university teaching staff have no textile experience. The Western school system is not like the Ewe people’s, for whom weaving is a compulsory subject: His Majesty Togbui Addo VIII is a mathematician from Oxford University but his subjects admire him for his weaving skills (5).

And those Moroccan rugs? Besides all the symbols and meanings, they represent an abstract art form, that is, concrete weaving. Aren’t they beautiful enough? The true rug expert is the souk shopkeeper. He cannot extol a rug's knot density, precious wool or dyeing: these rugs are quite poor, rags are used to make the weft. So he will merely say that the rugs are works of modern art: “Regardez: un tableau de Picasso!”. Actually, there are so many precious collections.

Not only textile researchers have developed an obsession about symbols: many professors share this same bad habit. It is called iconology and derives from the supremacy that painting has always had over all other art forms, in particular over weaving. Weavers have been regarded as copiers (at best) of the creative design by the “true” artist, that, is, the painter. Our reputation has been damaged by the Renaissance and not only ours: it damaged art and life in general (6). Luckily, neither Boujad nor Islamic art were influenced by the Renaissance. But they are Berbers….in short, barbarians.
We civilized people, instead, want to know the artist’s intent, the painting’s meaning. I once met an art teacher who never went beyond the Impressionist movement because, after that, he found no more figures having a meaning. Nonetheless, he became a councillor in charge of cultural activities and then, as a mayor, he had to inaugurate a contemporary art park: the Giardino di Daniel Spoerri. However, that Giardino is as full of meanings as a Rorschach’s blot.

In conclusion, they have searched so long for meanings that, in the end, they convinced some artists to create a meaning without wasting too much time on the work of art. Even artists have to get by and art gallery owners as well. This is the famous conceptual art in which the most important thing is the artist’s “Concept”.
We began with Shape and Meaning, we proceeded to the Concept, from which we return to textile arts. The term 'concept' has gynaecologic roots: to conceive, conceived, conception. It seems a bit strange that female fiber artists have devoted themselves to conceptual art. Especially those who claimed textile art’s ancestral femininity. Actually, they wanted to do the contrary: they wished to procreate in an immaterial way, just like the intellectuals have always done, following a male and bachelor tradition. Academic culture has clerical origins. Only one century has gone by since members of Oxford have been allowed to get married. That is why bachelor means both a graduate and an unmarried man. So, firstly clergymen and alchemists, then academicians and scientists have pursued a male “Immaculate Conception”, an inveterate misogynous desire (7). In brief, fiber art gave life to the off-loom (weaving fibers without a loom) and then to the off-fiber (fiber art without fibers).

However, man cannot live on concepts alone: even the Portrait wants its share: of course, its share of conceptual art. In fact, today there is no need to use a brush to depict the soul of a face, nor to frame it. Not even jacquard weaving requires a draft anymore. You just need a photo and a Photoshop program. The design is woven on an electronic loom. But doesn’t a loom, tribal or jacquard, have a body (or soul of its own) ? Shouldn’t it express it with each and every fiber? As Shakespeare has it: “There are more things in looms and fiber than are dreamt of in your philosophy”. Furthermore I would like to say, and without copying the original text this time: let’s never forget the textile origins of that same philosophy.

Mephistopheles
In truth the subtle web of thought
Is like the weaver's fabric wrought:
One treadle moves a thousand lines,
Swift dart the shuttles to and fro,
Unseen the threads together flow,
A thousand knots one stroke combines
Then forward steps your sage to show
And prove to you, it must be so;
The first being so, and so the second,
The third and fourth deduc'd we see;
And if there were no first and second,
Nor third nor fourth would ever be.
This, scholars of all countries prize,--
Yet 'mong themselves no weavers rise.
(Wolfgang von Goethe, Faust, Act I) (8)
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1) http://lucianoghersi.blogspot.com
2) Vezio Ruggieri, "L'esperienza estetica: Fondamenti psicofisiologici di un'educazione estetica". 1997.
3)Vezio Ruggieri, "The running horse stops: the hypothetical role of the eyes in imagery of movement". In "Perceptual and motor skills." 1999. In: "L'identità in psicologia e teatro. Analisi psicofisiologica della struttura dell'io." Second reprint 2005.
4) LG, "La tessitura o del ritrovare se stessi", in Arti Terapie (June 2006, Rome)
Silvia Micocci, "la tessitura a mano in una prospettiva arteterapeutica", "tessereAmano, October 2002"
5) LG "Piedi che aprono, mani che battono" "Jacquard" 47/2001
6) Mario Perniola, "L'alienazione artistica. 1971.
7) David F. Noble, "A World Without Women: The Christian Clerical Culture of Western Science". 1992.
8) "The subtle web of thought", in the first line, is an incorrect translation of the German "der Gedankenfabrik". "Fabrik" is a false friend of fabric" but it means "factory". So "thought factory" and without "subtle".

Monday, July 16, 2007

la tessitura NON è quello che pensi

>>> ENGLISH VERSION

Intervento al convegno internazionale
Il telaio Jacquard nell'Arte e nell'Educazione tessile contemporanea
Firenze 19 - 24 Luglio 2007 Fondazione Lisio Arte della Seta


Orazio, vi è più cose nel telaio e nella fibra
Di quante se ne sogni la tua filosofia.
quasi Shakespeare, Amleto, Atto I

Anche nei drammi più seri di Shakespeare può entrare in scena un clown. Questo illustre precedente può giustificare chi ha voluto inserirmi in un questo convegno indubbiamente serio. Cercherò di richiamare l'attenzione sulle origini ignobili (i.e. "non nobili") della progettazione tessile con le moderne tecnologie e sulla correlata confusione tra pittura e tessitura. Mi appoggio sulla mia trentennale pratica di tessitore a mano, sulla storia delle arti, su qualche dato psicofisiologico e su alcuni tappeti tribali, sui quali non solo mi appoggio ma pure mi sdraio con molto piacere. Il mio discorso si può riassumere e formulare in tre tesi:
1 - la tessitura NON è quello che pensi
2 - la tessitura è quello che NON pensi
3 - NON c'è pensiero senza tessitura
Per difendere queste tesi estreme, ricorrerò in conclusione pure all'estrema difesa di un celebre avvocato del diavolo, cioè a Mefistofele.

Ho intestato il mio blog (1) con questa frase: "Faccio il tessitore ma non è quello che pensi". Così contraffacevo (oltre al Shakespere qui citato in apertura) quella classica difesa opposta dal marito alla moglie che lo sorprende a letto con l'amante: "Non arrabbiarti, cara! Non è quello che pensi." Magra scusa! Però nel mio caso è piuttosto veridica... ma non solo nel mio caso, per fortuna. Certa tessitura non è davvero quello che si pensa: non è artigianato tipico o tradizionale e neppure arte. Questo temine "Arte" ha significati incerti e storicamente mutevoli. In Italia per esempio, la tessitura è tuttora considerata arte minore, decorativa o applicata, e questo indubbiamente presuppone l'esistenza di altre arti: maggiori, non decorative e non applicate". Naturalmente, la fiber art italiana ambisce a essere ammessa tra le arti maggiori, con i vantaggi pratici che ne derivano. Parlando francamente, mi può anche interessare: in assenza di cattedre già disponibili, ho dovuto fondare una apposita "Facoltà di Tessere" Non vi dico la fatica e gli impegni di un Rettore...

Tornando a quella frase sul mio blog, non suggerivo tali questioni sullo statuto artistico della tessitura, piuttosto questionavo sull'arte in generale. Infatti, il complimento più frequente che ricevo è: "Ma il Suo lavoro è arte, mica artigianato!" Arte... e che starebbe a dire? Il significato più comunemente inteso sarebbe: "espressione con tecniche (artistiche...) di un disegno ispirato". Perciò ci sarebbe un'ispirazione. che si presenta e si rappresenta alla mente come un disegno. L'artista tradurrebbe su carta questo disegno mentale per infine, tradurlo in un opera, con le tecniche (artistiche...) di cui dispone.

Tutto il contrario invece: certa tessitura è quello che NON pensi. Il pensiero c'è senz'altro, è ineliminabile, ma certamente non è l'essenziale: la tessitura/arte è sempre altrove. Dove? Ma nell'azione concreta di tessere! Non può farsi tessitura senza fili, così come "senza suoni, non si può fare musica" (2). Se c'è spirito al di fuori dei corpi e delle cose, semplicemente questi sono morti. Mistico? animistico? Forse, però mi trovo in buona compagnia, non tanto di artisti tessili accreditati quanto piuttosto, di tessitori umili e tradizionali.
Date un occhiata a questi tappeti dal Marocco, tessuti nella zona tribale di Boujad. Non affannatevi a riconoscere simboli o a ricostruire significati... Come si è appena detto, non sono essenziali. Inoltre, ci hanno pensato già tanti ricercatori. Sono arrivati alla conclusione che nella tessitura popolare, i simboli devono starci senz'altro... però sono inconsci. Cioè: le tessitrici obbediscono inconsciamente a certi disegni predeterminati, esattamente come fossero dei ragni. Ma a proposito, qualcuno ha mai visto due ragnatele perfettamente uguali?

Ora occorre distinguere tra Forma e Formazione. La Forma è un disegno nello Spazio, un simbolo, un icona. Forma al limite, è quel segnale stradale con un triangolo bianco bordato di rosso e attraversato da una striscia nera, che ci significa precisamente "pericolo, attenzione". La Formazione invece, è un processo nel Tempo, è un'operazione, un'azione.
Chi tesse un tappeto fissa dei nodi, ciascuno di seguito all'altro, tutti in fila su una riga della trama. Poi fissa i nodi sulle trame successive. finché non riempie tutto il tessuto. Così possiamo considerare il nodo come un punto, la fila dei nodi come una linea e tutto il tappeto come una superficie. Così possiamo analizzare un tappeto geometricamente, identificando, classificando e censendo ogni Forma che abita in quel territorio. Appunto: ogni Forma nello spazio. E la Formazione nel tempo? Mero lavoro manuale di tessitura? Non credo.

Ogni nodo che si fissa nel tappeto , marca un punto. E' un punto esclamativo di colore, ma che diventerà interrogativo rispetto alla riga superiore di nodi. Lì dove dopo, questo punto di colore potrà rimanere isolato e ignorato, oppure diventare il capostipite di una nuova linea/lignaggio lungo l'ordito. Oppure generare due lignaggi divergenti, che forse torneranno a coniugarsi, cioè a congiungersi, nel futuro di una trama superiore. Ed ecco fatta la Forma del rombo. Vagina madre della grande dea? Senz'altro, d'accordo... non parliamone più! Ma personalmente, mi eccita di più il formicolio di tutti quei peli: molecole cromatiche che si aggregano e che si disgregano nel processo manuale della Formazione. Anarchia? improvvisazione? Forse piuttosto: una sintonia dei gesti con gli strumenti e con il materiale. Oppure: interazione psico-fisiologica tra Soggetto e Mondo. Se una creazione artistica esiste, essa si trova precisamente qui. piuttosto che dentro un qualsiasi pensiero, che progetti astrattamente una Forma.

Ma persino la ispirazione più spirituale ed il pensiero più intellettuale e moderno, sono discendenti legittimi di gesti manuali. Questi sono in particolare, i gesti ancestrali dei primi tessitori o intrecciatori. Essi strutturano ancora oggi le nostre fibre e reti neurali, incluse le sintassi e connessioni logiche. I psicofisiologi vanno ancora più oltre, e ci dimostrano scientificamente come ogni atto immaginativo effettuato in corteccia cerebrale sia accompagnato da un microgesto della periferia corporea. Per esempio: non si può immaginare un cavallo al galoppo senza muovere gli occhi (3). Forse un giorno, si potrebbero testare i microgesti tessili di qualche filosofo in cattedra... o quel teoretico gesticolare di Wittgenstein, se ci fosse rimasto qualche video delle sue celebri serate domestiche. Di conseguenza, tessere a mano "fa bene", non solo al disabile psichico (4) ma anche al Cadder (Computer Assisted Designer). Non sarebbe soltanto un'esperienza tecnica (che già eviterebbe tanti errori tecnici), si tratterebbe di educazione artistica. Farebbe bene anche ai filosofi, perché purtroppo il loro "corpo" accademico è deprivato di ogni esperienza tessile. Purtroppo il sistema educativo occidentale non è quello del popolo Ewe, dove la tessitura è una materia obbligatoria: Sua Maesta Togbui Addo VIII è un matematico di Oxford ma i suoi sudditi lo apprezzano come tessitore (5) .

O allora, quei tappeti dal Marocco? A parte tutti i simboli e i significati, in sostanza, è arte astratta e cioè: tessitura concreta. Non vi sembra già bella abbastanza? Anche qui, il vero esperto è il mercante del suq. Lui non può decantarvi né densità dei nodi, né le lane o tinture pregiate: questi tappeti sono piuttosto scadenti... per la trama si usano gli stracci. Allora, il mercante del suq ce li propina come come arte moderna "Regardez: un tableau de Picasso!" Ce ne sono già, in effetti, di preziose collezioni.

L'ossessione per i simboli non affetta soltanto il lavoro dei ricercatori sul tessile: essa è un vizio accademico assai più diffuso: Va sotto il nome di Iconologia e deriva al dominio che la pittura, per secoli, ha esercitato sulle arti "maggiori e minori" e, in particolare sui tessitori. Li ha considerati copisti (nel migliore dei casi) del disegno creativo di un "vero" artista, cioè del Pittore. Ci ha rovinati il Rinascimento e non soltanto, noi tessitori: rovinò pure l'arte nel complesso e la vita in generale (6). Per fortuna, da Boujad, il Rinascimento si è tenuto alla larga, e con esso l'arte islamica che lo rese possibile. Quelli erano e restano Berberi... barbari, insomma.
Da noi Civilizzati invece: che cosa ha VOLUTO dire l'artista? quale sarebbe il SIGNIFICATO del quadro? Conobbi un Professore di Educazione Artistica che si fermava all'Impressionismo, perché dopo questo, non trovava più figure che contenessero dei significati. Comunque diventò Assessore alla Cultura. Infine come Sindaco, fu costretto a inaugurare addirittura un parco di arte contemporanea: il Giardino di Daniel Spoerri. Pero quel Giardino, a modo suo, è pure fiorente di significati come una macchia di Rorschach (che non è affatto un bosco ma un celebre test proiettivo). Così il senso (MEANING) è salvo, peccato soltanto, che non sia più univoco.

Insomma, li hanno tanto cercati, 'sti benedetti significati, che alla fine hanno persuaso certi artisti a propinarli direttamente, senza perdere tempo a fabbricare opere, più di quanto è strettamente necessario per produrre un oggetto qualsiasi da esposizione. Anche gli artisti devono campare e, soprattutto, con loro, i galleristi. E questa è la famosa arte concettuale, dove vale soprattutto il "Concetto" dell'Artista.
Cosi' dalla Forma e dal Significato, siamo arrivati finalmente al Concetto e con questo ritorniamo alle arti tessili. Il Concetto, di per sè letteralmente, avrebbe radici ginecologiche: concepire, concepito, concezione. Sembrava un po' strano che alcune celebri fiber-artiste si dessero all'arte concettuale. E specialmente, quelle che rivendicavano una "matrixialité" o femminilità ancestrale dell'arte tessile. Ma in effetti operavano in senso contrario: anch'esse pretendevano di procreare immaterialmente... esattamente com'è la tradizione degli intellettuali, che è tradizione maschile e celibe. La cultura accademica ha origini e retaggio clericali: da quando fu concesso il matrimonio ai membri di Oxford è passato appena un secolo. E' per questo che "bachelor" (laureato) significa scapolo. Cosi prima i chierici e gli alchimisti, poi gli accademici e infine gli scienziati hanno sempre perseguito una loro "immacolata concezione" maschile... un'inveterato desiderio misogino (7). Riassumendo, si può dire che nella fiber art, dopo l'off-loom (intreccio di fibre senza-telaio), sia nato l'off-fiber (fiber art senza-fibra).

Ma non si vive solo di Concetti: anche il Ritratto vuole la sua parte. Beninteso: è una parte concettuale. Infatti oggi, non è più necessario sporcarsi le mani con i pennelli per catturare l'anima di un volto. Neppure occorre più darsi pena per ingabbiare il ritratto dentro la griglia di un cartone per arazzo. Addirittura non è più necessaria la messa in carta per la tessitura jacquard. Basta pigliare una foto concettualmente significativa ed affidarla agli immateriali pixel di Photoshop. Per macinare e tessere il disegno, poi si trova il telaio elettronico già programmato... Ma il telaio, un qualsiasi telaio, tribale o jacquard, non ha forse un corpo (o un'anima) propria? Non conviene che si esprima anche questo... con ogni sua fibra? Insomma, come dice quasi Shakespeare: "Vi è più cose nelle fibre e nel telaio Di quante se ne sogni la tua filosofia". D'altra parte, e qui senza contraffare affatto il testo originale, neanche dovremmo mai dimenticarci le origini tessili di quella stessa filosofia:

Mefistofele:
Fabbricare i pensieri è proprio come

il lavoro di un maestro tessitore:

con un piede fa trottare mille fili,

le navette gli volano qui e là
mentre i fili fluiscono invisibili.
Dopo che ha fatto, arriverà un filosofo

a dimostrarvi che così ha da essere:

"Così era il Primo e cosà il Secondo,
il Terzo
e il Quarto poi, così e cosà!

Mentre in assenza di Primo e Secondo,

Terzo né Quarto non si darebbero."

Gli studentelli (proprio in tutto il mondo),

questi discorsi tengono in onore...

ma nessuno è diventato tessitore.

(Wolfgang von Goethe, Faust I, I atto)
______________

(1)
http://lucianoghersi.blogspot.com

(2)
Vezio Ruggieri, "L'esperienza estetica: Fondamenti psicofisiologici di un'educazione estetica". 1997.

(3)
Vezio Ruggieri, "The running horse stops: the hypotetical role of the eyes in imagery of movement". In "Perceptual and motor skills." 1999. Citato in: "L'identità in psicologia e teatro. Analisi psicofisiologica della struttura dell'io." 2a ristampa 2005.

(4)
LG, "La tessitura o del ritrovare se stessi", in Arti Terapie (Giugno 2006, Roma)
Silvia Micocci, "la tessitura a mano in una prospettiva arteterapeutica", "tessereAmano, Ottobre 2002"

(5)
LG "Piedi che aprono, mani che battono", Jacquard 47/2001

(6)
Mario Perniola, "L'alienazione artistica". 1971.

7)
David F. Noble, "A World Without Women: The Christian Clerical Culture of Western Science". 1992.
Trad.it. Un mondo senza donne: la cultura maschile della Chiesa e la scienza occidentale. 1999

Wednesday, July 11, 2007

dal corso Lisio di Afro Telaio

ENGLISH ABSTRACT
Image of the course of Kente weaving at Fondazione Lisio in Florence.
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Qualche immagine dal corso di Afro Telaio (di tradizione Kente Ewe) in Fondazione Lisio a Firenze.

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Il signore che nel video corre avanti e indietro, sta preparando un ordito. Quell'altro signore al telaio è Jean Burkel, appassionato studioso delle tecniche tessili persiane e oggi autore del volume "Tapis d'iran, tissages et techniques d'aujourd'hui" (Les Editions de l'Amateur, Paris 2007).

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Pur detestando i sofisticati disegni si questi tappeti persiani, apprezzo moltissimo il lavoro di Burkel perché ci ha dato un libro sui tappeti che approfondisce gli aspetti tecnici della tessitura, più che a quelli meramente iconografici e attributivi. Durante il nostro corso, Burkel, ha provato a riprodurre sul telaio africano le complesse armature del tappeto Zilou di Isfahan.
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In effetti, il telaio africano è uno strumento tradizionale che è pure atto ad usi didattici e sperimentali estranei alla sua tradizione, come il kilim e l'arazzo, ad esempio. La tradizione è puramente ciò che è stato trasmesso, perciò resta comunque importante celebrare i Maestri del kente con le usuali libagioni all'inizio di qualsiasi lavoro, anche del tessuto più sperimentale. Come il pezzo qui sotto, tessuto con inserti in gomma magnetica e di conseguenza, semplicemente appoggiato a due putrelle di ferro.


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>>> PIU' IMMAGINI

La Facoltà di Tessere BLOG



Sul nuovo Blog della Facoltà di Tessere
la sede provvisoria e quella designata:
http://porchiano.blogspot.com

Monday, July 02, 2007

Tubo Stuoia - Pipe Screen



ENGLISH ABSTRACT
Pipe Screen
A fiber artwork with disable persons, inspired to the reed screen of nomads.
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Lavoro con disabili, ispirato ai cannicci decorati dei nomadi dell'Asia Centrale. Invece di avvolgere i fili di lana intorno alle canne, noi avvolgiamo delle strisce di stoffa attorno a dei tubi da stoffa, di cartone.
Non siamo raffinati quanto i nomadi, perciò non ci occupiamo di comporre dei disegni. Ci interessano solamente i colori, oltre ovviamente, ai gesti e ai pensieri necessari per maneggiare abilmente il lavoro.
Poi leghiamo insieme i tubi per formare una stuoia. Quest'ultima operazione va effettuata in gruppo ed è la più difficile di tutto il lavoro.
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Anche se non miriamo a un disegno, non pigliamo i colori a casaccio ma li scegliamo. La persona che ha più lavorato nella scelta delle strisce da arrotolare, ha dimostrato di avere spiccate preferenze cromatiche. Per esempio, escludeva accuratamente ogni striscia dai colori caldi e soprattutto il fucsia. Eppure sottomano, ne aveva proprio tanto ma lo scostava decisamente. Una volta soltanto, le ho suggerita un fucsia e ce l'ha messo per farmi piacere. Siccome non era affatto convinta, non ho più osato avanzare proposte.
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Le precise scelte cromatiche del mio collaboratore potrebbero prestarsi a prospezioni psicologiche. Ma una diagnosticabile "fucsiofobia" è nettamente smentita dall'osservazione di un differente lavoro, eseguito il giorno dopo dal medesimo Soggetto, dove il colore fucsia è rientrato alla grande: come si vede nell'immagine seguente.
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Sunday, July 01, 2007

Tessere a mano ma tessere a piedi

ENGLISH ABSTRACT
footloom V/S handloom.
A loom equipped with two pedals is highly suitabe for disabled people: the evolution of human ability sprang mostly from the feet! Unfortunately, such looms are rarely found in rehabilitation centres.
I developed the ugly techology of a table loom by two cabinet doors, that are now working as large and comfortable pedals. I also recycled some pieces of another ugly table loom, as gallows for a hanging warp. So that, I assembled a sort of drag loom. Removing the warp beam, its complex brake system was also removed. The "doughnut" warp is a heritage of Kente weaving.




L'evoluzione dell'abilità umana è basata sui piedi. Senza questo sviluppo dei piedi, che sono indispensabili per la postura e locomozione erette, le mani non avrebbero potuto dedicarsi a quelle infinite esplorazioni gestuali, che infine coinvolgono oggi una così vasta area di corteccia cerebrale.
Tra l'altro, senza postura eretta sui piedi, la scatola cranica non avrebbe raggiunto un volume atto a contenere lo sviluppo cerebrale che era indotto dalle attività manuali: nel cranio di un quadrupede non resta troppo spazio per il cervello, ma già nel il quadrimane si inizia a ragionare. (Vedi André Leroi-Gourhan).
I creazionisti non sarebbero d'accordo ma anche per loro la Storia comincia con la cacciata fuori dal Parco: camminare, lavorare, e basta di mangiare la frutta sugli alberi!
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Anche se l'abilità umana, preistoricamente, si basa sui piedi, oggi poca attenzione viene loro rivolta nelle attività educative e (ri)abilitative. Ciò ha un motivo di fondo assai banale: gli Educatori sono abilitati (soprattutto legalmente) in apposite scuole, dove prevalgono le attività a tavolino. E i piedi non si mettono sul tavolo, se non per mancanza assoluta di educazione. Così i piedi restesteranno "ineducati".
Ecco spiegato finalmente perché un semplice telaio a due pedali dovrebbe essere lo strumento principe nella tessitura (ri)abilitativa: perché ci si possono mettere i piedi (vedi anche: Tappeti...).
Sfortunatamente, telai di questo genere sono raramente disponibli negli appositi Centri. Tale carenza non è imputabile a carenza di fondi, quanto piuttosto all'acquisto sconsiderato di attrezzature scolastiche e hobbistiche, che raramente si trovano a buon mercato. Ma un telaio a pedali rudimentale si può anche costruire con pezzi di fortuna (vedi Telai di recupero ).
A parte questa opzione, il problema è che, oltre agli Educatori, pure gli Istruttori di tessitura risentono in genere pesantemente di una qualche formazione scolastica: nelle sezioni tessili negli Istituti d'Arte o presso Professori privati. In tali ambienti, la tessitura si impara a tavolino, soprattutto progettando e disegnando. Oppure campionando tessuti ma su telaini da tavolo... dove altrettanto non vanno messi i piedi (vedi in: Operatori e Operati Sociali).
Tra parentesi, ecco un ottimo motivo per istituire la Facoltà di Tessere: la situazione era piuttosto grave!
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Qui nel video. c'è un ex telaio da tavolo, debitamente inventariato ASL. In effetti, poi ci avevano aggiunto le gambe ma restava comunque un telaio da tavolo, senza un posto dove mettere i piedi: era solo diventato un telaio-tavolo, nulla di più. Lo ho trasformato in telaio a pedali utilizzando i due sportelli di un mobiletto, cardini compresi. Questi sportelli offrono ai piedi una base di appoggio molto più larga dei comuni pedali. Ciò avvantaggia di molto anche i piedi più disabili o ineducati.
Era superfluo aggiungere altri pedali per ottenere armature più complesse della semplice tela: ciò che importava qui era istigare a bilanciare i piedi: uno deve scendere mentre quell'altro sale, proprio come in bici.
Tra parentesi, pure la bicicletta sarebbe un ottimo strumento (ri)abilitativo, nonostante che il Lombroso la consideri un'istigazione a delinquere (vedi Il ciclismo nel delitto). Del resto, un disabile ciclabile diverrebbe un soggetto meno controllabile... e date le questioni di Contenimento chi vuole esagerare con l'Autonomia? Chiusa la parentesi.
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Per ristrutturare questo telaio-tavolo, ho pure riciclato, con sommo piacere, qualche pezzo di un Telaio Romanelli, uno di quelli famigerati, dove i licci si alzavano tirando una serie di sciacquoni (le vittime di questo marchingegno qui mi capiranno al volo). Con i pezzi così rimediati, ho elevato una specie di patibolo sopra il subbio di ordito. A quel patibolo ci impicco l'ordito, che ho predisposto a ciambella esattamente come lo Avotsihe dei tessitori Kente.
Così mi risparmio di avvolgere l'ordito al suo vecchio subbio e anche di imporre al Disabile di armeggiare tra i freni dei due subbi per fare avanzare l'ordito (ma né troppo né troppo poco) e per rimetterlo di nuovo in tensione (ma non troppo e nemmeno troppo poco). Qui i più si comportavano ancor più da Disabili, per non doversi assumere la complessa operazione.
Per cui, d'abitudine, o chiamavano me oppure continuavano a tessere, sempre più penosamente, su su fino ai denti del pettine, con la bocca dell'ordito quasi chiusa. Invece, quest'ordito acciambellato si frena in alcun subbio ma è semplicemente tenuto in costante tensione con una pietra appesa per zavorra. Anche quest'ultima è d'ispirazione Kente: è difficile inventare coi telai, specialmente a chi ricerchi la semplicità.
Naturalmente, poi mi si viene a chiedere se con questo telaio, non fosse possibile tessere una striscia un po' più larga . Certamente sarebbe possibile ma non è così semplice e già mi sembra di pretendere abbastanza dagli Utenti del mio Laboratorio.

Saturday, June 30, 2007

Ricamo Solare



Questo è il lavoro di una persona gravemente spastica.
Credo sia inutile dilungarmi in spiegazioni. Spero che il video sia sufficiente per spiegare la procedura dell'opera.



Mi preme solo aggiungere che questo è il secondo lavoro del genere realizzato dal Nostro. Nel suo primo lavoro, lui prendeva il grosso ago di legno ancora approssimativamente, dove gli capitava, in prevalenza tra l'indice e il medio. Ha poi affinato il suo gesto, raggiungendo la presa "normale", in cui si oppongono l'indice e il pollice.
Il Nostro era molto intrigato in questo lavoro: al punto che, appena mi assentavo un momento per assistere gli altri soggetti presenti nel laboratorio, lui ne approfittava subito per arrangiarsi da solo, con espedienti gestuali inadeguati ma commoventi... davvero un valoroso esploratore!
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Tant'è vero che, mentre lavorava alla sua seconda opera, lui continuava a chiedermi: "Poi cone si finisce?". Sicché l'ho coinvolto nelle mie operazioni di "incorniciatura", che avevo dapprima considerato puramente accessorie e sostanzialmente rivolte al gusto del "pubblico". Intendo il colto pubblico (non solo quello incolto) che apprezza soprattutto il risultato "pratico" dei laboratori con i disabili, da esporsi nei famosi "mercatini".
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Dopo avere incorniciato alla buona il lavoro, il Nostro lo ha pure firmato (questa scena è nel video è appena accennata, per le note esigenze di privacy). Oramai si trattava di un quadro a tutti gli effetti. E in effetti, lo si è subito venduto.
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Questa è l'arte bellezza, che cosa vuoi farci?

Wednesday, June 06, 2007

Fiber Casco Spaziale

Caschi Spaziali per Disabili
pubblicato su tessereAmano 3/04
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Il “Fiber Casco Spaziale” è una maschera per Carnevale, realizzata nel Laboratorio Tessitura dell’Istrice, Centro Diurno di Socializzazione e Riabilitazione Occupazionale in Scandicci (FI). Il resto del costume "extra-terrestre" è stato realizzato nel settore Attività Espressive dello stesso Centro Diurno.
La struttura iniziale del Casco è costruita sbrigativamente dal Tecnico con reggette di plastica per imballaggi e nastro isolante. Con 5 o 6 segmenti di reggetta, si forma una gabbia che richiama la griglia un emisfero geografico con i suoi meridiani e l'equatore. I paralleli mancano: ce li tesserà l’Utente. Le giunture in nastro isolante stanno al Polo Nord e attorno all'Equatore, sì che la gabbia si mantiene flessibile.
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Si espone all'Utente il progetto: "Ci facciamo dei caschi spaziali per mascherarci da extra-terrestri a Carnevale". Si propone all'Utente di ricoprire una gabbia con dei cavi elettrici di recupero. Allo scopo, s’impone una tecnica di cesteria che ha qualche affinità con il ricamo.
Il Tecnico dispone anche un perno sul banco di lavoro, perché la gabbia non slitti ma possa ruotare. In pratica, mette un peso sul tavolo e ci rovescia sopra un vaso, che ha rivestito sommariamente con una busta di plastica bianca. Così ottiene un fondo neutro, che metterà più a fuoco il campo operativo. La gabbia ci va poi calzata sopra, come un cappello e si collega alla sua base un filo elettrico, con del nastro isolante, alla giuntura di un meridiano con l'equatore della gabbia.
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L’Utente ha il compito di:
(1) "Impugnare" il capo del filo con la mano destra.
(2) "Infilare" dentro, scavalcando il primo "meridiano" che s’incontra verso destra.
(3) "Cambiar di mano" al filo e (3.1) "Sfilare" tutto fuori con la mano sinistra. Intanto, la mano destra (3.2) "Imbriglia" il filo che scorre, trattenendolo accosto al meridiano che rimane coinvolto nel passaggio del filo.
L’Utente ha così teso un "punto" di ricamo (o di soumak) tra il meridiano di partenza e quello successivo. Prima di realizzare il punto "successivo", e coinvolgere così il seguente meridiano, deve ripristinare la mano di partenza:
(4=1) "Ri-cambiare di mano", ripigliando il capo del filo nella mano destra.
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Meridiano dopo meridiano, dirigendosi sempre verso destra, l’Utente avvolgerà progressivamente la gabbia con una spirale continua di filo... fino a raggiungere il Polo. Deve anche integrare, la sequenza operativa (1, 2, 3, 4=1) con il gesto accessorio di (5) "Ruotare" periodicamente tutta la gabbia, in modo da trovarsi di fronte i successivi meridiani.
Inoltre, quando termina il filo, occorre collegarlo ad un filo nuovo con del nastro isolante. Questo compito è riservato, per sicurezza, al Tecnico: siccome il Casco andrà calato in testa, non deve presentare sporgenze di fili o di reggette, a rischio di lesioni facciali. La giuntura al nuovo filo è pure un'occasione per verificare insieme il lavoro svolto e per valutare scelte estetico-tecniche tra i fili elettrici di vari colori, dimensioni e consistenze."E adesso che colore ci s’infila? Quello rosso, lo abbiamo appena messo… insistiamo o cambiamo colore? C'è il verde ma è un filo troppo duro, ci sarebbe anche il giallo ma è lungo e poi s'imbroglia..."
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Osservazioni rispetto a vari piani
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Ecologico - A parte l'acquisto del nastro isolante, s’impiegano soltanto materiali di recupero.
Occupazionale - In genere, l'Utente realizza agevolmente almeno un Casco nell'arco di una giornata. Si ricorre al lavoro individuale senza "manovalanza parcellizzata" di scarso valore abilitativo. Non si ricorre all’Operatore per ulteriori assemblaggi. L’Utente non “si aliena nel processo produttivo” invece, si rapporta con chiarezza al suo oggetto in costruzione. Già in corso d'opera, se lo può calare in testa e guardarsi allo specchio.
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Motorio - La procedura operativa stimola la coordinazione manuale tra destra e sinistra. La semi-rigidità del filo elettrico e la flessibilità della gabbia, forniscono un riscontro immediato dei crampi neuro-muscolari che ostruiscono il flusso motorio. L'Utente è così stimolato, indirettamente, a focalizzare segmenti specifici d’inabilità, esercitando sul Casco le articolazioni delle dita, del polso, del gomito, della spalla, fino alla postura complessiva. La procedura operativa è perciò riproposta continuamente, senza escludere varianti, una volta che sia stata acquisita.
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Logico – Ogni nuova esperienza manuale con i fili e le funi può sviluppare la sinapsi neurale. La "topologia del Casco" introduce uno spazio complesso: la rotazione del filo (attorno alla gabbia) e le sue rivoluzioni (attorno ai meridiani) ripercorrono il moto dei corpi celesti. Perciò il Casco è "spaziale" davvero… anche in senso astronomico. In più, costruendolo, si tocca con mano la spirale involutiva-evolutiva dei processi cosmologici e vitali: paradigma ed archetipo (tra l’altro) della Torre di Babele e del Viaggio dantesco.
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Espressivo - L’assoluta estraneità dei manufatti, rispetto a tecniche e materiali convenzionali, inibisce le valutazioni. Qui nessuno è stato “più bravo” e ciascun Casco è diverso dagli altri. Conoscendo i singoli Utenti, si può anche discernere, nell'opera, la personalità dell'Autore.
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Teatrale - Il Casco è una maschera ambigua: traveste gli oggetti più che il soggetto. Questa gracile maschera lascia trasparire l'identità piuttosto che celarla, ma fornisce chi la indossa di un’aura protettiva. Filtrandone campo visivo, proietta il soggetto in una realtà virtuale e lo stimola a drammatizzare.
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Interculturale – E’ previsto l’impiego di questi stessi Caschi in una coreografia di tessitori tradizionali del Ghana, nell’ambito di un progetto di Educazione alla Pace.
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Luciano Ghersi
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tessereAmano 3/04
Altre esperienze di Tessitura con Disabili su
tessereAmano N°6-2002 e http://www.hypertextile.net/disable/