Thursday, November 20, 2008

BrandaMaglia.2: la Fiasca

L'Età del Ferro fu poi la più dura:
i ferri erano armi, cui si metteva mano.
Si mettevano a ferri i delinquenti,
pazienti sotto ferri e così via.
Si infilavano ferri persino nei letti:
come antenne per captare sogni ferrei,
che irrigidivano pure il riposo.


Ho rimesso mano al ferro, che si cava da reti di letto rottamato. Di preciso, non saprei com'è successo. Forse un motivo abbastanza preciso fu lo sgombero forzato dall'Aula Sacramento (LINK). Costretto a smantellare i telai da tessitura della Facoltà di Tessere, avrei limitato la mia facoltà di tessere a quel piccolo attrezzo, riciclato e portatile, che è il celebre ferro da BrandaMaglia (LINK).



Potrei dir anche di aver ripreso il ferro per infiascarci le dame o damine da vino (cioè i bottiglioni in vetro da 5 lt.) e per inventarmi un certo interscambio con l'agri-futurismo dei vinificanti (LINK). Per ricevere cioè, una dama nuda, ma piena di vino, in cambio di una dama desolatamente vuota e però, rivestita in BrandaMaglia antiurto. Come si sa (o si dovrebbe sapere) il flusso vinifico agri-futuristico va anche a fluire dentro alle dame. Queste sono in generale, assolutamente fragili, non appena denudate del rivestimento. Come si sa (o si dovrebbe sapere), le dame sono in genere dei meri recipienti "usa e getta" per il vino o per l'olio commerciale, e sono rivestite alla meglio con una fune di carta che imita la Scarsa, che sarebbe la pianta fibrosa dei fiaschi tradizionali. Però quella moderna funicola cartacea non è affatto intrecciata ma è solo incollata alla svelta sul vetro.

E quando tale dama non finisce al cassonetto (differenziato magari), ma la si ricicla immediatamente, sciacquandola e riempiendola di vino assai migliore, il rivestimento sommario si distaccherà ben presto, lasciando la dama completamente nuda ed esposta ai colpi dell'avversa fortuna (come direbbe Shakespeare) sicché, porka madoska, la damina te se scoccia (come dicono altri). Si danno pure in vendita certe dame vergini e intatte da vino. Son rivestite in plastica con impressioni di presso-fusione, ispirate a quegli intrecci dei fiaschi d'una volta: è un compromesso artistico tra stile e design. Ma pure queste vestine di plastica durano poco e, ri-porka madoska, se ri-scoccia la damina.

Ho rivestito a BrandaMaglia qualche dama (che è da allora in FiascaMaglia) con spago da presse. Come si sa (o si dovrebbe sapere) è quello spago agricolo in polipropilene che serve a legare le balle (o le presse) di fieno. Se ne trova di vari spessori, pare migliore quello da roto-balle, che può meglio trovarsi di seconda mano. Perciò è già sezionato a misura del diametro di roto-balla e con certi nodi duri da sciogliere. In compenso, si trova di vari colori, tutti piuttosto brillanti, così che la sequenza dei fili segmentati provocherà certi effetti cromatici in FiascaMaglia. Insomma, c'è già un'arte nelle cose: la famosa coincidenza organizzata o spontanea poesia della natura.

Poi, vedi caso o necessità, ho vestito le dame anche di Sisal, che la fibra vegetale ricavata dall'agave omonima e che anticamente legava le presse, prima di questo spago moderno in polipropilene. Se qui, per esempio e per l'amor di Dio, un critico d'arte moderno si distogliesse dal senso e valore di un teschio rivestito in diamante, intitolato appunto "Per l'amor di Dio" e battuto in asta a Sotheby per cinquanta milioni di sterline... persino quel critico coglierebbe qualcosa di nuovo, ed insieme di antico, e così troverebbe magari una chiave di accesso alla rete (rete appunto però concettuale) dell'universo agri-futuristico. Per le armi della critica, varrà precisare che, nel caso delle dame in FiascaMaglia, pure lo spago in sisal, come già quello in plastica, è a tutti gli effetti un "object trouvé", come dire che è un oggetto trovato senza troppo cercarlo e, soprattutto senza comprarlo. Pure la FiascaMaglia in teoria, non si compra né vende: è soltanto ceduta contro dono di vino equivalente... Il che aggiornerebbe pure, oltre alle armi della solita critica, anche la critica delle solite armi.



Un terzo motivo di questo "BrandaMaglia revival" sarebbe a suo modo, meno materiale dei due precedenti, cioè dello sfratto e del vino. "It has something spiritual", come dicono gli Ewe quando parlano inglese. Ecco che allora, al tempo delle origini, delle prime avventure fiorentine di BrandaMaglia, troppe reti da letto si recuperarono grazie al netturbinaggio dell'anarchico Signori, Enrico che è appena defunto e c'è pure il funerale su YouTube (LINK). Scusate se ne accenno spudoratamente, ma certi morti insigni si può farli sopravvivere, anzi si deve, nel retaggio da essi ispirato. Ora è come se da Enrico io avessi ereditato quel mucchio di ferraglia, cioè le reti occorrenti per centinaia di ferri da BrandaMaglia. Non riciclare tutto questo materiale, non farlo circolare e utilizzare, sarebbe un peccato davvero, soprattutto per un laico con certi valori. Ma questo sarà il tema della prossima lezione: "Brandamaglia Avanzata" oppure ".3" (punto tre), ove andranno rivestite le dame in carne ed ossa e pure i cavalieri ardimentosi. Dunque adesso come allora: brande al popolo.

Tuesday, October 28, 2008

URGENTE APPELLO

La Facoltà di Tessere di luciano Ghersi. ti invita a sostenere l'appello:
I TABACCHI AI TESSITORI
http://porchiano.blogspot.com/2008/10/urgente-appello.html

Tuesday, July 22, 2008

Saturday, June 21, 2008

Lezioni Luganesi

A Lugano dal 3 al 5 Luglio, parlerò sul tessuto e l'ipertessile sociale, culturale e spirituale. Non parlerò ovviamente, per tre giorni di seguito, sebbene l'argomento sia assai vasto, ma per una ventina di minuti in ciascuna serata della seguente mostra.

E®GO IPERBOLICO
Vernice: 3 - 4 – 5 luglio 2008, dalle ore 19°° alle ore 01:00, in concomitanza con l’evento Estival Jazz Lugano, Piazza Riforma
Sede: Mya_Lurgo_Gallery, 2° piano Stabile Federale, Piazza Riforma 9, Lugano (Svizzera)
Artisti: Eva Basile, Marisa Casellini, Gaia Clerici, Caterina Crepax, Mya Lurgo, Dania Zanotto
Interventi fashion: www.temporarylove.net
Installazione “intimo X versi” del poeta, filosofo Marco Bogliani
Presentazione della mostra: Luciano Ghersi
Periodo espositivo : 6 luglio – 31 luglio, Lunedì – sabato dalle 18°° alle 23°° - ArtCafé dell’ass. OlosNoProfit
Performance: durante le serate sono previsti interventi artistici, visita il “calendario attività” al Sito internet: www.myalurgo.com
Info: + 41 (0)91 911 88 09, E-mail: myalurgo) @ (gmail.com

E®GO IPERBOLICO é un viaggio dall’abito al tessuto sociale, culturale e spirituale. ll Punto di partenza adottato per l’indagine artistica é “il dubbio”, quello necessario a pervenire a quel residuo minimo della conoscenza, che resiste a ogni incertezza, persino quella iperbolica.
Interrogarsi. Dubitare. Sfatare la trama e l’ordito dell’apparenza e dell’immagine. Travalicare moda e costume, modalità e credulità, modelli stereotipati e clonati … per essere, finalmente.
Nella ricerca dell’Essenziale Respiro della Vita, l’interrogarsi umano si fa prima speranza e poi fiducia. Fiducia di non potersi portare troppo lontano dall’ Essere Uni-versatile che ci anima. (Mya Lurgo)

Friday, June 06, 2008

Stagisti per "Archivio e facoltà"

il progetto "Archivio e Facoltà"

Tessere tutto, tutti e dappertutto
Come nacque il progetto "Archivio e Facoltà"
in collaborazione con Archivio Bonotto

"Bello come l'amplesso
di un ombrello e una Singer
sopra un tavolo anatomico."
(Lautréamont, Canti di Maldoror)


Nell'estate del 1998, tessevo nel parco di mostri dell'arte contemporanea, che sarebbe il Giardino di Daniel Spoerri in Toscana. Ci avevo montato la tenda di Global Home, che non era soltanto una installazione. Era anche un cantiere di arte pubblica con due telai da tessitura a mano, costruiti con ferraglia recuperata da una discarica Coop: ganci da carne, carrelli da spesa, scaffali e così via.

Nel giardino dei mostri, ci si tesseva a mano un enorme tepee indiano. Ci faceva anche tessere il pubblico, riciclando recuperi più o meno tessili: indumenti anche intimi, lacerati ed integri, fili elettrici, tubi flessibili, balocchi che i bambini offrivano al tessuto. Così la tenda di Global Home è un tessuto
intriso di feticci: ci sta pure una cravatta di Assessore, sacrificata all'inaugurazione, ci sta pure una canna da passeggio che Daniel Spoerri infilò nell'ordito, sfidandomi a tessere anche quella... e per farcela entrare, dovetti segarla.

Un bel giorno, lo Spoerri mi porta la merenda con l'annuncio che gli sono arrivate certe balle di stoffa da sbrindellare, per tessere il tepee di Global Home. Quelle balle di stoffa erano inviate da un certo Luigi Bonotto, che non conoscevo affatto. Lui invece, a me sì: era mio collezionista già dall'85, quando aveva trovato a Milano, da Alberto Schubert, certi miei televisori tessuti a mano, che erano pure morbidi cuscini, tessuti apposta per riannodare quel filo interrotto che collegava il tatto e la visione.

Ma poi solo nel 2000, mi arriva il Bonotto in persona, sotto la tenda di Global Home, che avevo trasferito alla festa di Montecio Rock, dopo vari incongrui accampamenti. Tra cui: un cimitero germanico monumentale dove, tra gli altri, ci sta sepolto Boehme, il calzolaio e mistico zen, che ispirò l'idealismo tedesco. Fra i lussuriosi angeli barocchi dal sesso francamente indiscutibile, si tesseva tanto bene in cimitero, che ci ho poi invitato a tessere pure Mensa Kpodo, Tessitore di Klikor nel Ghana. Allora costruimmo il telaio tradizionale africano con le assi e le viti dell'Obi (Hobby Legno germanica).

Ma tornando a Montecchio nel frastuono dei concerti, Bonotto si diverte a rintracciare le zone del tepee di Global Home dov'erano inserite le sue stoffe lacerate. Ora scopro che Luigi, oltre che collezionista dell'estremismo artistico contemporaneo, oltre che prestigioso imprenditore tessile, è pure artista in proprio e tessitore a mano. Mi è dunque collega, è anche lui in equilibrio sul filo sottile che è teso fra l'estetica e la funzionalità.

Sul filo fra estetica e funzionalità, ho tessuto di recente dei "tappeti scendibagno" (o "quadri lavabili" in lavatrice), con l'intenzione appunto, di infiltrare l'arte nell'ambiente quotidiano dei bagni, stabilendo contatti con i piedi nudi. Stavolta tessevo su un curioso telaio a pedali fant-archeologico-industriale, che fu assemblato anticamente dal Tessitore Enea d'Arcidosso, con legni ed ingranaggi di recupero. Chiamai "Re-Jeans" le mie bellezze al bagno perché dentro a quei tappeti ci riciclavo i jeans. Il tessuto di brandelli non è di mia invenzione ma è una forma popolare di arte, sia classica che contemporanea. Purtroppo questi artisti sono ammessi a poche gallerie ma Gebhart Blazek, gallerista in Vienna, sta organizzando una storica mostra.

Mi sono poi buttavo sui sedili d'automobile, con il solito obiettivo infiltrare l'arte in un altro ambiente quotidiano: quello dell'auto. Ho tessuto così, dei "Cop-Rici-Sedili", per i quali ri-ciclavo il telaio di una branda, ricavandone un telaio da tappeti tradizionale dei nomadi. Anche loro lo farebbero un telaio così, se trovassero le brande abbandonate ai cassonetti dell'immondizia. Purtroppo i poveretti non hanno cassonetti: trovano al massimo lavagne scolastiche da progetti falliti di educazione e le riciclano come telai.

Neppure il tappeto coprisedile, fu mia invenzione: confesso di averne già visti in Magreb e in Nepal, sia annodati con gli stracci, come me, che annodati con lana originale. Salva in eccetto, l'attuale parentesi storica e il suo sedicente design, la presenza dell'arte negli arredi e negli attrezzi quotidiani è di norma in qualsiasi civiltà. A proposito, i miei coprisedili stanno benissimo anche in poltrona e in sala da pranzo, oltre che in macchina e dentro ai musei.

Poi rivedo Bonotto a Valdagno, nello storico centro di tessitura. Qui c'ero capitato per la Notte dei Musei, pwe tessere il Kente su un telaio africano tradizionale, da me ricostruito in filagna di castagno: insomma, con dei pali da recinto imbullonati. L'arte del Kente è è troppo evoluta per l'attuale Uomo Bianco. Io però modestamente, fui ammesso alla più prestigiosa corporazione Kente del mistico centro di Klikor, in Ghana. Ho anche il nome iniziatico di "Tessitore del Secolo"... non forse del secolo attuale, però mi consolo: anche Nietzsche fu inattuale.

Ciò importa poco, nell'economia del cosmo. Torniamo a Valdagno e Marzotto, dov'è giiusto arrivato Bonotto, il Luigi. Ce ne andiamo al Museo delle Macchine Tessili, per commuoverci di fronte agli assemblaggi meccanici del Tessitore Castegnaro. C'è un orditoio a botte, creato con la culla del figliolo e con le ruote della sua propria bici... se gli oggetti hanno un'anima, anche questa trasmigra. L'orditoio sembra quasi un'opera di Tinguely ma non è affatto una "macchina inutile". Infatti non si limita a significare: funziona e produce egregiamente. sul quel solito filo fra estetica e funzione.

Prima ch'io torni alla Facoltà di Tessere (in Umbria, a Porchiano del Monte), Luigi mi ha riempito la Opel Kadett con i suoi campionari di stoffe. Le ficcava tra i pezzi di un gran telaio sardo per tappeti, già raccattato a Nule, in provincia di Sassari, dove i subbi (o diciamo anche: i rulli) si chiamano "binarius" perché io credo che anticamente, lì saccheggiassero le ferrovie per farsi i telai. Quelle stoffe di Bonotto son campioni a "fazzoletto": sono come dei mosaici con centinaia di varianti cromatiche e di armatura, tra cui lo Stilista ne fa ritagliare una: quella che andrà in produzione con la sua firma. Questa è la Moda, tesoro, non puoi farci nulla.

Giunto a Porchiano, ho sezionato a strisce una "fazzolettatura". L'ho sforbiciata sul parapetto delle mura medievali, perché non disponevo di un tavolo lunghissimo, dove potessi distenderla tutta. La stoffa sforbiciata diventerebbe "trama" però, si capisce che occorre anche un "ordito"... e l'ho tirato sempre alle mura, perché c'è tanto spazio a disposizione. Poi si capisce, ho armato un telaio: quello in legno di gelso, che lo fece il Bottaio di Montevarchi al tempo dell'ultima (si fa per dire) guerra mondiale, perché all'epoca ci fu una grande crisi di stoffe industriali. Sicché il Bottaio rifece un telaio, e lo rifece in legno di gelso perché la seta non interessava più e di conseguenza, neppure quei gelsi che foraggiavano prima il baco da seta. Perciò il legno di gelso per rifarci un telaio. Ma gli ifece il pettine in ciliegio perché battendo, ha da essere più duro: "Tumb! Tumb"! Ma chi è F. T. Marinetti? E qual'è la poesia delle macchine? C'è un grande passato nel nostro futuro, viva l'agri-futurismo!

Insomma, in quel telaio del Bottaio, ci ho infilato i miei filini uno per uno, con la cosiddetta pazienza infinita del Tessitore. Pazienza così detta da chi non può sapere quanto invece, lui goda e si rilassi, attingendo le radici antropologiche dell'ossessione, della libidine e della ragione... la quale diciamolo, è proprio il telaio: senza telaio non c è flosofia, lo ha compreso anche Goethe, sebbene lui sia un classico, Alla fine, ho tramato le mie strisce di stoffa, in modo che ciascuna restituisse la sequenza cromatica originale dei fazzoletti campione. E' banale, lo so: non mi sforzo di creare, volevo vedere soltanto che cosa potesse succedere. E che infatti poi succede, con il mio immodesto contributo... diciamo di Artista o di Tessitore?

Così ho tessuto il primo tappeto (quadro, arazzo... non saprei), con i campioni di Archivio Bonotto. Il tappeto (quadro, arazzo... non saprei), mi sembra una stupenda coincidenza organizzata: è più bella che l'incontro dell'ombrello con la macchina a cucire. Perché un tavolo anatomico è più brutto del telaio: in questo c'è più vita... Mi consenta, Lautréamont.

Saturday, May 10, 2008

Telai e Biciclette

Il telaio fu inventato per tessere le tele, questo lo dice la parola stessa. 
E' il telaio di una volta, per la tessitura a mano. 
Poi fu inventato il telaio della bicicletta e ancor dopo, il telaio dell'automobile.

Oggi quest'ultimo è superato della carrozzeria portante, che fa a meno del telaio. 
La bicicletta invece, non si evoluta affatto, a parte trascurabili accessori.

Discutendo di evoluzione, la nobel Rita Levi Montalcini, paragona gli insetti alle bici: non si sono più evoluti perché sono due modelli già perfetti.

Anzi aggiunge che l'insetto già perfetto può sostituire il dominio dell'uomo, ancora imperfetto, e sempre ossessionato dalla Crescita (che, destra o sinistra, mai si discute, aggiungerei io).

Per opporci al dominio della Crescita... e poi degli Insetti, conviene tornare alla Bici. 
Forse anche al telaio delle tele (che è perfetto anche questo, lasciatemi dire).





Tuesday, May 06, 2008

6a Triennale di Tournai, Belgio

Notte dei Musei a Valdagno

Notte dei Musei a Valdagno
ITIS “V. E. Marzotto” - Città di Valdagno - Museo delle Macchine Tessili

Sabato 17 maggio 2008 - Ore 20.00-24.00
Galleria ai Nani - Palazzo Festari - Valdagno
Tessitura…: dalle popolazioni preistoriche alle società tribali africane e del centro America.
Esposizione di strumenti per la filatura e la tessitura. Dimostrazione di tecniche tessili antiche ancora presenti in alcune produzioni etniche del mondo extraeuropeo a cura di Luciano Ghersi.
L’esposizione rimarrà aperta anche: domenica 18 maggio dalle 15.00 alle 18.00. Mart 20 - giov 22 – sab 24 maggio dalle 17.00 alle 19.00. Venerdì 23 maggio dalle 9.00 alle 12.00, Per scuole e gruppi durante la settimana su prenotazione.

Sabato 17 maggio 2008 Ore 21.00-23.00
Museo delle Macchine Tessili - ITIS “V. E. Marzotto” - Valdagno
Musica al Museo in collaborazione con l’Amm. Provinciale di Vicenza
Musica popolare e rinascimentale a cura di: Coro La Valle diretto dal maestro La Bruna, Coro Progetto Musica diretto dal maestro Ferro, Coro dell’Obante diretto dal maestro Penzo P.

Sabato 17 maggio 2008 - Ore 20.00-24.00
Apertura straordinaria con visite guidate:
Museo Civico D. Dal Lago – Palazzo Festari , Valdagno
Museo delle Macchine Tessili – ITIS “V. E. Marzotto”, Valdagno


Domenica 18 maggio -Ore 15.00-18.00
Palazzo Festari – Valdagno
Continuazione della dimostrazione di tecniche tessili antiche ancora presenti in alcune produzioni etniche del mondo extraeuropeo a cura di Luciano Ghersi.

http://nuitdesmusees.culture.fr/musee.php?l=ITA&m=NDM-99039642#

Monday, May 05, 2008

Arte Pneumatica

TESTO

Non vanto affatto di avere inventato l'Arte Pneumatica. Ho solo dato un nome a quell'antica pratica di riciclare le gomme da ruota: per trasformarle in sandali, in secchie da pozzo, fioriere, balocchi e preservativi per vario bestiame. Be', si consenta qui un breve intermezzo polemico (o magari politico, per meglio dire). Se un ciabattino Africano trasforma in scarpa un vecchio copertone, si parlerà al massimo di "design miserabile". Se invece, a un Artista, gli riuscisse di fare lo stesso, apprezzeremmo subito il suo ardito gioco concettuale, tra locomozione meccanica e umana: la gomma che era suola per la ruota, oplà, che ti diventa un pneumatico da piede. Ciò sarebbe un sublime pensiero, mica basso artigianato... ma quello o quella che contemplò per primo il nido degli uccelli, o la ragnatela, e che poi, stravolgendo la loro struttura, fece esplodere dal nulla la prima tessitura, non era lui forse (o lei, non importa), un artista ispirato? Ci dicono no. E' un "no" che sostiene anche Pablo Picasso, con motivi fondati ma non tutti confessabili. Insomma Picasso ci dice : "non importa cosa faccia un artista, ci importa soprattutto, lui, chi è"... e non stiamo a riverire quei selvaggi, piuttosto copiamoli, se ci conviene.

Fine dell'intermezzo polemico e politico o filosofico, addirittura (chi voglia approfondire, può rivolgersi a "I Dialoghi di Porchione", disponibili in formato PDF).
Ora, attenzione: continua l'Artista! Che ci racconterà? Ci svelerà i segreti della sua creazione? Silenzio, ascoltatelo con reverenza! Se non arrivaste all'altezza di comprendere, la sola reverenza vi conforterà. Shhh!

>>> FOTO

I miei lavori di arte pneumatica non sono nati da un preventivo interesse per il materiale. Mi ero appena inventato il giunto di Ling, che è una parola d'incastro tra link e ring (in Inglese: legame ed anello). Questo Ling è come un nodo, che collega tra loro degli anelli flessibili, creando così delle reti tridimensionali: strutture topologiche, così si potrebbero dire. Certo, i pneumatici sono pure elastici e le officine te li regalano. Affettandoli come salami, si ottengono centinaia di anelli. E tutto a costo zero, col plusvalore di andare tra i meccanici a farsi regalare dei rifiuti, altrimenti soggetti all'imposta sul tossico.

Ho così realizzato una rete piramidale più alta di un metro, per quanto ogni misura sia qui sempre elastica e dunque difficile da precisare. Questa rete si comporta purtroppo, come un mollusco: non si regge in piedi da sé. Perciò le ho costruito un esoscheletro con certe canne in plastica per gli ortaggi rampicanti. Poi sono andato a trovare un amico, collezionista artistico di astruserie. Gli ho montato lì per lì la mia piramide, con grande effetto ma con scarso successo, perché lui non l'ha comprata. Peccato, perché quella fu davvero una performance irripetibile ma destinata all'oblio. Infatti, la rete piramidale poi trovò un altro mezzo per reggersi in piedi, mentre le canne tornavano all'orto, per farci rampicare i fagiolini.

L'evoluzione artistica della piramide, da allora, imbocca un'altra via. Mai più di esoscheletri rigidi ma invece: un endoscheletro pneumatico, concettualmente molto più pulito. Mai più di performance privato-commerciali ma invece: performance in pubblico e no-profit, che improvvisavo in zone autogestite, fra lazzaroni anarchici da Centro Sociale. Gli facevo gonfiare tanti palloncini, che poi ncastravamo ordinatamente, in ogni reticolo di tutta la rete. Procurata così l'erezione della piramide, la si lanciava in pista, addosso chi ballava. Così, senza sforzo, si creava un gioco di rimbalzi, lievemente più gentile del tradizionale ballo a spintoni. Poi va tutto sotto i tacchi degli anfibi, finché non scoppia l'ultimo dei palloncini. Sopravvive un informe groviglio di gomma, che però è sempre l'anima o la struttura della piramide, risuscitabile per un'altra performance (si accettano inviti retribuiti anche da scuole, discoteche e musei).

Con lil solito sistema dei nodi Ling, ho poi fatto una veste per donna di gomma, che misi addosso a una bambola gonfiabile: così ne esaltava la carica erotica. Con la bambola a cavallo della bici, partecipavo a Critical Mass. Concettualmente, era ineccepibile, perché la veste era in roba da bici. Al Museo del Tessuto di Prato, mi porto la bambola sopra le spalle, nascondendomi sotto come in un burqa. Allora il Direttore del Museo dapprincipio, non mi riconosce però dopo mi fa i suoi complimenti.

Ho collegato anche gomme intere, senza affettarle come dei salami: già il pneumatico è un anello di per sé, è un macro-anello, per così dire. Qui usavo solo le gomme da bici: perché sono più elastiche leggere di quelle da automobile, ma fino a un certo punto, come si dirà. A parte certi ambienti spregevoli, e un Goethe Institut Inter Nationes, ho infestato in tal modo anche la corte di un palazzo medievale. Naturalmente, fece un effetto orrido a tutti fanatici delle antichità. Però tutti entravano in quella ragnatela, si appoggiavano, la facevano vibrare. I bambini, entusiasti, collaudavano fino allo spasimo, la tenuta della tenso-struttura. E qui l'Artista gode come un ragno.

Poi siccome nella vita, sarei anche tessitore, ho infilato le gomme, come trama pneumatica, dentro l'ordito di un telaio a mano. Così nacque un kimono ciclistico: il famoso "Bikemono", tutto tessuto con lgomme scoppiate di bicicletta, oltre a un nastrino di trina bianca, per la bellezza della decorazione. La triennale del Kimono poi non lo ha voluto ammettere ma il suo unico difetto è che pesava venti chili. Non mi ancora riuscito a trovare un ciclista che lo voglia comprare, neppure in Giappone, dove i kimono avrebbero mercato. Sicché ho dovuto affidarlo in custodia al Segretario Politico del PCI (Partito Ciclista Italiano), perciò si capisce quanto è poco al sicuro. E anche qui: pazienza... come poi si spiegherà, con l'impermanenza dell'arte pneumatica.

Visto che ormai, mi ero rimesso a tessere, ho cercato di costringere le gomme a fare da ordito, oltre che solamente da trama pneumatica. Era quasi una sfida professionale, che richiedeva un telaio particolare. Proprio allora, per pura fortuna, ero stato invitato a insegnare, in qualche modo, la tessitura in un Istituto Statale d'Arte (dicesi ISA). Così utilizzo gli stessi studenti come fossero elementi di un telaio: questo è il cosiddetto "telaio umano", che certamente non ho inventato io né, certamente, una Paola Besana: già a me fu descritto come un'antichità negli anni '70 del secolo scorso:L'ho riproposto senza vergogna e che male c'è? Non c'è mica brevetti! Questo Telaio Umano, probabilmente, risale agli Egizi, altrimenti sarebbero inspiegabili i tessuti giganteschi rinvenuti, che gli Egizi tessevano, evidentemente, per vestire le statue degli dei. Anche questa è un antica abitudine (che, a mio modo ripresi, come in parte e più oltre, si vedrà).

Con gli studenti del mio Istituto d'Arte, invece si tesse un'amaca pneumatica ma siccome poi loro l'adoperano come una fionda a proiettili unani, dovrò appenderla più in alto, perché nessuno più arrivi ad entrarci, né a farsi fiondare e sfracellarsi. Così la povera Amaca Pneumatica non fu mai più veramente un'amaca: restò lassù sospesa tra due colonne rinascimentali, nel venerndo chiostro dell'Istituto, senza accogliere più corpi in sospensione, solo cavilli estetici d'interpretazione per il deambulo dei Professori. Poi la ex-amaca, che fine avrà fatto, dopo la fine dell'anno scolastico? Ma anche qui: pazienza... come poi si spiegherà, con l'impermanenza dell'arte pneumatica.

Con lo stesso sistema del telaio umano, e con le gomme delle biciclette, ho fatto poi tessere un paio di brache per il celebre David di Michelangelo. Dato che all'epoca, abitavo in Firenze, che è una città tanto ossessa dal David che te lo spaccia come posacenere. Onestamente, non ne dovrei parlare, perché si tratterebbe di un lavoro anonimo e di Arte Pubblica, nel suo senso migliore. Ciò non ostante, un prestigioso magazine (Cronaca Vera) mi dedicò, all'epoca due pagine, con la foto di me pieno di gomme, di fronte alla statua del David, e il titolone: "SPERIAMO NON LO ARRESTINO".

La Critica ottusa ritiene questo lavoro come un' opera fallita, perché in effetti non fu mai mai portata a termine ma soltanto tessuta parzialmente sulle pubbliche piazze di Firenze, approfittando di varie situazioni, variamente legali. Tanto meno, quest'opera incompiuta, fu mai indossata ancora dalla celebre statua del David. La Critica più acuta invece riconosce il valore autonomo di questa operazione, indipendentemente dall'opera finita, perché l'opera, in fondo é la via ("das Werk ist der Weg" o "der Werk ist das Weg" accidenti a Paul Klee): la Via comunque e non il Percorso, perché questo sarebbe tracciato in anticipo. I frammenti delle Brache per il David sono pure affidati in custodia al Segretario Politico del PCI.

EPITESTO

Tutto quanto precede fu scritto per il banale impulso di una giornalista, che aveva da fare un suo pezzo su qualche smemoranda eposizione di Arte Pneumatica, sponsorizzata anche da Pirelli. Sì: l'Arte Pneumatica che, lo ripeto ma modestamente, ho battezzato io con questo nome. So bene che il mio scritto qui di sopra può funzionare al massimo nei taglia-e-incolla da tesi di laurea e che invece, è davvero inadatto al fru-fru femminile del giornale in questione. Ma serenamente, mi sono esposto al massacro testuale, senza pretendere versioni integrali, per altro inaccettabili persino su Flash Art o su qualsiasi ogni altra rivista di sedicente arte, laddove ogni testo appartiene ai Critici mentre agli Artisti, nel migliore dei casi, appartengono soltanto le figure. Ho i miei motivi, saggiamente politici, per farmi saggiamente dilaniare oppure ignorare, come è assai più probabile.

Il motivo principale è che il neoprene è fotosensibile cioè si degrada alla luce del sole e pure a quella delle lampadine. Sì, il neoprene: è il derivato del petrolio che ora si usa per fare pneumatici, mentre l'antica gomma di caucciù, quelloche cola negli scodellini giù per gli alberi delle piantagioni, oggi la trovi più al massimo, nei preservativi o nella gomma da masticare. Perciò, ogni opera di arte pneumatica (a parte quella in preservativo, che anche di questa ne ho fatta però qui non c'entra) è destinata a distruggersi in tempi brevissimi, a meno che non stia nel buio del caveau di una banca, nell'attesa di un giudizio o esposizione universale o, forse meglio, di un'asta da Christies.

Nel frattempo, mi par giusto di fare circolare in qualche modo, anche sui settimanali femminili, questa piccola avventura. che è a mio giudizio, piuttosto banale... però è sempre meglio che niente. Come ci insegnano i Situazionisti: "quando una società distrugge la possibilità dell'avventura, resta una sola avventura possibile, che è la distruzione di quella società". Purtroppo, non avevano capito che certe società si distruggono da sole. E l'avventura è altrove, come è sempre, la vita. Buonasera, Rimbaud!

Sunday, May 04, 2008

Cop-Rici-Sedile

Cop-Rici-Sedile è un tappeto annodato a mano in materiale riciclato, che si destina emblematicamente alle sedie, alle poltrone, ai divani e ai sedili d'automobile.

>>> SLIDE SHOW

Cop-Rici-Sedile sviluppa il concetto del tappeto Re-Jeans, che si destinava emblematicamente alla funzione di scendibagno, mirando ugualmente ad estendere l'influenza culturale del tappeto nell'area della vita quotidiana: dal bagno, alla sedia, all'automobile.
Il tappeto Re-Jeans era un tessuto piatto come una stuoia, fatto col classico telaio a pedali. Cop-Rici-Sedile invece, è tessuto in rilievo come un tappeto persiano, con l'identica tecnica dei nodi sull'ordito di un telaio verticale. Rispetto al tappeto classico, varia solo il materiale dei nodi, per i quali si riciclano vecchie stoffe lacerate: di jeans ma non solo.

Ammetto con orgoglio di essermi ispirato a un umile tappeto che
copriva la cassetta di una carrozzella di Marrakech: era già quello un copri-sedile, tessuto a mano annodando degli stracci. Ho variato soltanto la densità dei nodi, la trama di fondo e ma sì, anche il disegno.

Già il tappeto Re-Jeans, scendibagno in origine, assurge allo stato di opera d'arte nella prossima Triennale Internazionale di Tournai. Probabilmente, al Cop-Rici-Sedile, si prospetta un analoga valorizzazione.
Ma la Facoltà di Tessere non mira troppo al lucro, mira piuttosto al futuro dell'arte, che sta nella massima condivisione. Perciò si istituiscono due nuovi Corsi: per apprendere a tessere Re-Jeans e Cop-Rici-Sedile, con lo stesso materiale di stracci che ogni allievo recuperi.


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>>> Tappeti, automobili e sedie
note a margine di Cop-Rici-Sedile

Tappeti, automobili e sedie

note a margine di Cop-Rici-Sedile

Sul finire del secolo scorso, mi recavo nel Nepal per rintracciare un brigante di Venezia, e tintore di lane con erbe himalayane, che tesseva degli splendidi tappeti a Katmandu, all'insegna de Fontego (o fondaco) dei Tartari. Uscito di aeroporto, entrai in un taxi che aveva sui sedili dei piccoli tappeti, annodati a mano. Lo interpretai come un fortunato auspicio ma poi mi resi conto che questi tappetini stanno proprio dentro tutti i taxi nepalesi.
Vent'anni dopo, arrivo nel Sahara algerino e cii trovo altri tappeti nei ai fuoristrada dei profughi-autisti Saharawi, che mi portano a tessere per un nefando progetto di cooperazione (LINK).
Prima ancora di incontrare autisti Nepalesi e Saharawi, ho avuto mio padre che, di mestiere, stava molto al volante perché faceva il rappresentante. Il suo ambiente intimo, molto più di casa nostra, era la sua adorata automobile che, anche lui, decorava con curiosi accessori. Sicché, quando mio padre prese atto che questo suo figliolo appena laureato faceva il tessitore e non il professore, mi chiese di tessergli un bel tappeto per il suo sedile di guida.
Insomma, questa idea di infilare i tappeti nelle automobili non è davvero una novità. Certamente, in origine il tappeto sta in terra perché fu inventato da gente che sedeva per terra. Poi, non si legge come né perché, anche i popoli europei (che siedono più in alto, cioè sopra dei sedili) introdussero i tappeti nel loro arredamento. Azzarderei a scrivere un'ipotesi arbitraria ma che trova riscontri documentali negli archivi delle antiche sagrestie. Presumo che il tappeto fu introdotto in Occidente come un arredo sacro per gli altari della chiesa cattolica romana. Certamente, nell'iconografia dei tappeti orientali, si risconta ben poco di cristiano. Ma forse, ai Cristiani, gli tornava anche meglio così: non si calpestano i simboli sacri, è sacrilegio! E infatti, ogni croce fu ben presto bandita dai pavimenti a mosaico paleocristiani.
D'altra parte i Nipponici, astutamente, imponevano ai mercanti europei, che volessero sbarcare e commerciare nei loro porti, di camminare su immagini sacre del Cristianesimo. Così i Portoghesi cattolici non ebbero accesso al Giappone. Mentre invece gli Olandesi protestanti, che non tenevano ai Santi ed erano molto più tolleranti, passeggiavano tranquillamente sulle icone cristiane, intraprendendo fiorenti commerci con il Giappone. Poi oggi si parla di "civiltà moderna dell'immagine" come se fosse una gran novità... mentre invece l'immagine è proprio la radice di ogni civiltà.
Tornando alla questione del tappeto, può darsi che questo arrivasse in Europa con il bottino delle Crociate e si destinasse agli altari di chiesa ma pure ai palazzi dei Nobili. D'altra parte, i Re Cattolici che invasero la Spagna, non vi estirparono insieme con l'Islam pure l'arte del tappeto, che invece continua a fiorire per secoli, con gusto europeo, fornendo di arredi preziosi gli aristocratici laici ed ecclesiastici.
Poi si arricchisce anche il Terzo Stato, la famosa Borghesia, che finalmente avrà la facoltà di adottare i costumi e gli arredi dell'Aristocrazia, sempre da essa invidiata ed ammirata per la sua raffinata e lussuosa cultura... una cultura talmente raffinata da includere i tappeti orientali. Si espande così, in Occidente, la cultura del tappeto... fino alla odierna Ikea, dove si serve pure il Quarto Stato. Così oggi, il tappeto può infilarsi in ogni casa popolare. Mai nessuno qui, però ci si siede, perché prevale l'uso inveterato dei Nobili, che il tappeto avevano adottato, non l'uso dei Nomadi che l'avevano inventato.
Ammesso tutto questo, torniamo alle automobili, alla ricerca di qualche mediazione. L'automobile è sacra: è il massimo altare dell'attuale civiltà, che ammette e giustifica i sacrifici umani degli incidenti automobilistici e, ipocritamente, li chiama: incidenti stradali... come se fosse la strada ad uccidere e non le automobili. Così oggi, occorre infiltrare un tappeto artigianale nell'ambiente sacro e industriale dell'automobile: è un atto politico fondamentale! Ciascuno di questi tappeti bisbiglierebbe qualcosa di nuovo (e insieme, di antico) all'occhio e alle natiche di chi ci siede sopra: la tessitura è un fatto culturale ma la cultura è un fatto quotidiano. Non è sufficiente sostituire i quadri con degli arazzi tessuti:
nel ristretto ambito dell'arte, già si può quasi infiltrare di tutto, ma è assai più complesso ed ambizioso infiltrare gli ambienti quotidiani.
Oltre ai sedili automobilistici, occorre di occupare con dei piccoli tappeti anche i sedili statici: che siano questi privati o pubblici, domestici o pure ufficiali. Si dice che un amore straordinario può innalzarci 3 metri sopra il cielo. Intanto l'uomo bianco, e anche l'uomo di colore candeggiato, siedono sempre a qualche decimetro sopra il livello del suolo. Peggio ancora: si siedono a tavola nascondendoci sotto più di mezzo corpo: la cosiddetta metà inferiore. E' così che socializzano, convivono e stringono accordi internazionali: seduti attorno un tavolo ma sotto sotto, e segretamente, gli sporcaccioni si fanno "piedino". Se per caso, al di fuori della spiaggia, dove è lecita persino la nudità del piede, si incontra per caso qualcuno di aspetto civile che sieda per terra, viene spontaneo chiedergli se non stia facendo yoga o qualche altra esotica meditazione.
Si può anche sorridere anzi, si deve... ma senza tappeti, come fate a volare?

Wednesday, April 30, 2008

Friday, April 25, 2008

Sunday, April 13, 2008

Thursday, April 10, 2008

Il tappeto è anche un film

Ricamo a Spirale

Ricamo Disabile a Spirale (2007)



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Ricamo a Spirale utilizza un canovaccio di tela da ricamo con la traccia di un disegno. Richiedo di eseguire dei punti radiali, a partire dall'esterno del disegno verso il centro della spirale. Suggerisco l'immagine di una strada da percorrere progressivamente, attraversandola continuamente da un marciapiede all'altro. Questo processo dei punti radiali è una provocazione anti-cartesiana che configge con le coordinate di fondo, vale a dire, con la griglia della tela. Più il centro si avvicina, più il ricamo si complica, perché i raggi dei punti ricamati divergeranno sempre di più.
C'è un ulteriore provocazione cromatica. Siccome il ricamo procede per successive gugliate di filo, richiedo di cambiare colore a ogni nuova gugliata, e di fare attenzione al contatto del nuovo colore con quello contiguo che sta già ricamato verso l'esterno della spirale: i due colori si scontrano o si incontrano ma l'importante è che siano diversi per non confondersi. Di solito si scelgono un "colore bello", senza guardare dove andrà a finire. Invece, bisogna pensarci un po' su, li faccio ricamare anche per questo, oltre che per l'esercizio manuale... che, anche questo da solo, già farebbe pensare.
Naturalmente, non insisto troppo nell'imporre il mio schema di pensiero e di ricamo: che poi loro, improvvisino pure da soli sul canovaccio, inteso in tutti i sensi. Perché canovaccio è un termine ambiguo, può significare genericamente: una tela. Oppure: una speciale tela da ricamo. O ancora: un preciso disegno da ricamare. E infine: lo schema teatrale nella Commedia dell'Arte, sul quale attore "ricama" improvvisazioni.
Certo, il prodotto non è molto vendibile, neanche come artigianato handicappato nei mercatini della disabilità. Purtroppo l'arte non è mai apprezzata.

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Ricamo a Specchio e Anti-ricamo

Ricamo a Specchio e Anti-ricamo
Attività per Disabilità

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Utente e Operatore si fronteggiano attraverso il filtro di una griglia: come al confessionale, al tennis o come ai pannelli di Casa dell'Omo Ragno.
Qui però l'Attività si è raffinata. Ora la griglia è un vero canovaccio da ricamo e, come fili, riceve dei nastri sottili (che sono ovviamente, recuperi tessili a disposizione). La novità però non sta nel canovaccio e neppure nei bei nastri colorati: è che ora si lavora con due fili insieme, quasi come il ciabattino, se ci avete fatto caso.

L'Utente infila un ago attraverso la griglia: così imprime una traccia di filo. Da parte sua, cioè oltre la griglia, l'Operatore rispecchia esattamente la traccia ricamata dall'Utente. Cioè infila il suo ago nel punto esatto donde è appena sbucato l'ago che stava in mano all'Utente. Sicché non influisce minimamente sulle tracce dall'Utente: soltanto le conferma e le riflette dalla sua parte. Sicché l'Utente qui può percepire, ed eventualmente dirigere, l'autonomo tracciato del suo filo.

Il video mostra pure un Utente che ha compreso perfettamente il gioco e che si diverte a de-costruire il ricamo, come Penelope... mentre l'Operatore si atteggia a disperato. Comunque e via via, le tracce di filo si addensano, diventano ostacoli o supporti di attrazione per tracce ulteriori, che sedimentano in territori, in organi di un corpo che prima ne era privo, come vuota superficie in attesa di iscrizioni.

Infine la somma delle operazioni ci si presenta come opera totale ma non importa che cosa significa, importa soltanto come funziona (Deleuze & Guattari, Anti Oedipe).


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Friday, April 04, 2008

Montaggio, Ordito e Liccio

Montaggio, Ordito e Liccio
Prima dispensa su Telaio Vero

1 - MONTAGGIO
1.1 - Assemblare il Telaio e fissarlo con le quattro Zeppe Piccole (fatte slittare sull'Ipotenusa).
1.2 - Inserire le due Zeppe Grandi al Subbio di Cielo senza forzarle (tenderanno poi l'Ordito in 4.6).
1.3 - Allestire (con quattro sedie o due cavalletti ) un Catafalco e coricarvi il Telaio (si può pure già rizzarlo contro il muro).

2 - ORDITURA
2.1 - PREPARATIVI
2.1.1 - Inserire due Tubetti alle estremità della Barra.
2.1.2 - Poggiare la Barra alle Orecchie del Telaio.
2.1.3 - Legare la Barra soltanto a Dx.
2.1.4 - Disporre il Gomitolo (o la Rocca) con il Filo per l'Ordito fuori e oltre e il Subbio di Terra.
2.2 - PARTENZA
Annodare il Capo del Filo a Dx della Barra.
2.3 - ANDATA
2.3.1 - Dirigere il Filo verso il Subbio di Terra ed aggirarlo.
2.3.2 - Passare sul Retro del Telaio fino al Subbio di Cielo ed aggirarlo.
2.3.3 - Ripassare sul Fronte del Telaio fino alla Barra ed aggirarla.
2.4 - RITORNO
2.4.1 - Ritornare al il Subbio di Cielo ed aggirarlo,
2.4.2 - Ripassare sul Retro del Telaio fino al Subbio di Terra ed aggirarlo
2.4.3 - Ripassare sul Fronte del Telaio fino alla Barra e aggirarla.
2.5 ECCETERA
- Ripetere i percorsi di Andata e Ritorno (come sopra 2.3 e 2.4) per tutta l'ampiezza dell'Ordito.
2.6 ARRIVO
Terminato l'estremo Ritorno (2.4.3), tagliare il Filo e annodarlo alla Barra (come sopra 2.2).

3 - GESTAZIONE DEL LICCIO
3.1 - DISPORRE IL TELAIO
Mettere in piedi il Telaio (se coricato come in 1.3) e calare la Barra verso Terra.
3.2 - CERNITA
3.2.1 - Inserire il Filo Inferiore di Cernita (o Croce) nel Passo dell'Ordito che è già aperto dalla Canna.
3.2.2 - Al di sopra del Filo Inferiore, creare il Contrappasso dell'Ordito sollevando con la Mano Sx ciascun filo dell'Ordito che è rimasto all'Interno del Telaio.
3.2.3- Inserire con la Mano Dx il Filo Superiore di Cernita nel Contrappasso.
3.2.4 - Far scorrere la Cernita a mezza via tra le Orecchie e il Subbio di Cielo, fissare i Capi provvisoriamente.
3.3 - DISPORRE LICCIO & CANNA
3.3.1 - Poggiare il Liccio sopra le Orecchie del Telaio.
3.3.2 - Annodare saldamente i due Fili del Liccio alla sua Dx.
3.3.3 - Disporre la Canna all'interno dell'Ordito (nel Passo 3.2.1).
3.3.4 - Legare Liccio e Canna insieme alle loro estremità.
3.4 CIMOSA Dx
3.4.1 - Aggirare Liccio & Canna con un filo del Liccio, entrando da Terra a Dx... e con la mano Dx.
3.4.2 - Sbucare con il Filo sul fronte del Telaio, uscendo verso il Cielo a Sx, esattamente oltre i primi due Fili dell'Ordito: 1° & 2°, che così sono imbrigliati.
3.4.3 - Torcere insieme due volte i due Fili del Liccio.
3.4.4 - Penetrare con il Filo del Liccio nella mano Dx esattamente oltre i successivi due Fili dell'Ordito: 3° & 4°.
3.5 - ORDITO NORMALE
3.5.1 - Aggirare (come sopra 3.4.1) Liccio & Canna, sbucando esattamente oltre il Filo 5 dell'Ordito (che si trova oltre la Canna e che sarà imbrigliato, come tutti i fili Dispari).
3.5.2 - Torcere insieme due volte i due Fili del Liccio (come sopra 3.4.2).
3.5.3 - Penetrare con il Filo del Liccio esattamente oltre il Filo 6 successivo (che invece si trova tra Liccio & Canna e che resterà libero, come tutti i fili Pari).
3.5.6- Eccetera (come sopra 3.5), fino al filo Quintultimo.
3.6 CIMOSA Sx
3.6.1 - I due fili Quartultimo e Terzultimo e i successivi due fili Penultimo e Ultimo, si imbrigliano o tralasciano in coppia, esattamente come 1° & 2, 3° & 4° (come sopra 3.4)
3.7. FISSAGGIO
Annodare saldamente i due fili sulla SX del Liccio (come sopra 3.3.2).

4 - NASCITA DEL LICCIO
4.1 - Sfilare la Canna.
4.2 - Sfilare il Filo Inferiore di Cernita (3.2.1)
4.3 - Infilare la canna nel Contrappasso del Filo Superiore di Cernita (3.2.2).
4.4 - Normalizzare Passo e Contrappasso nelle coppie dei Fili di Cimosa (3.4 e 3.6).
4.5 - Assicurare il Filo Superiore di Cernita.
4.6 - Aumentare la tensione dell'Ordito spingendo più a fondo le 2 Zeppe Grandi (1.2) al Subbio di Cielo.
4.7 - Spingere in alto la canna.
4.8 - Portare in fuori il Liccio e poggiarlo sulle Orecchie del Telaio.

... E POI SI TRAMA!

Wednesday, April 02, 2008

Sciarpe a PalazZo



Palagio Fiorentino di Stia in Casentino.
Anteprima de "La Sciarpa", mostra-concorso di artigianato artistico tessile del Coordinamento Tessitori.
http://www.tessereamano.it

Ho realizzato personalmente l'allestimento minimo di questa esposizione, utilizzando grucce per abiti modificate, morsetti da falegname e spago per le balle di fieno.
LG

Wednesday, March 19, 2008

Tessitura Liceale in Mostra

Libera Scuola Waldorf
Salvatore Colonna
a indirizzo steineriano

Tra gli altri lavori realizzati dalla 10a Classe (2a Liceale),
MOSTRA
dei tessuti realizzati dagli studenti
con il telaio africano Kente
e con il prof. Luciano Ghersi.

Mercoledì 19 Marzo, ore 17:30
via Appia Pignatelli 5, Roma.
BUS 118: fermata "Catacombe S. Sebatiano".
www.liceowaldorf.it
tel 06 51606699

Tuesday, March 18, 2008

Textilight 3



My third work of "textile light", in TessereArte exhibition, Agheiro Arte Contemporanea, Lavagna 2008. See also on:
my old website

Thursday, March 13, 2008

Brache per il David




Il settimanale trucido-popolare Cronaca Vera aveva scoperto su Internet "il tessitore che veste i monumenti riciclando spazzatura". Ci avrebbero fatto volentieri un articolo. Così, una giornalista di Cronaca Vera mi telefonò, chiedendomi timidamente se conoscessi la sua testata. Risposi: "Certamente! E' l'unico giornale che compro in edicola, oltre al Vernacoliere". Così rinfrancata, la Giornalista riprese: "Allora Lei saprà che il nostro giornale costruisce, insomma, delle fiabe per raccontarle ai suoi lettori". Risposi: "Mi sembra normale, è quello che fanno tutti gli altri giornali."
La Giornalista aggiunse: "Però, la nostra linea editoriale racconta soltanto storie di personaggi sconosciuti. Perciò, se per disgrazia, Lei fosse in qualche modo, un artista famoso, non potremmo raccontarlo nella nostra storia". Risposi ancora: "Non importa la mia fama individuale, rispetto alla Storia.".
"Benissimo! Lei non avrebbe allora, in programma, di vestire qualche altro monumento, con la sua spazzatura tessuta a mano?". Siccome all'epoca vivevo in Firenze, ci giravo in bicicletta e mi interessavo di Arte Pneumatica, lì per lì improvvisai: "Certamente: un bel paio di mutande ciclistiche al David, tutte tessute con delle gomme scoppiate di bici."
Così nacque lo storico progetto "Brache per il David", che fu intestato al fantomatico IAP, Istituto Arti Pubbliche, garantendomi un sobrio amonimato: "Nell'affresco della Storia, mi intravedi sullo sfondo" (Luther Blissett). Naturalmente, la vestizione del David non fu mai realizzata e neppure, interamente, le sue brache di gomma. Naturalmente, questo non era affatto lo scopo.
L'obiettivo reale e primario era di tessere insieme per strada, con chi capitava, delle gomme da bici. Questo obiettivo è stato raggiunto in varie occasioni pubbliche, autogestite o meno, tra le quali c'è l'ambigua situazione registrata questo video. I frammenti delle Brache per il David, cioè i manufatti gommosi, che furono realmente tessuti nelle varie situazioni, stavano a Tessere Liberi fino al 3 Marzo 2008. Ma dopo, non saprei... scatenatevi ora, o collezionisti d'arte!
Lo scopo virtuale e secondario dello storico progetto "Brache per il David" era quello di infiltrare l'Arte Pubblica nel circuito politico-mediatico dell'Arte Ufficiale. Anche questo obiettivo è, in qualche modo, stato raggiunto. Vedi in proposito al sito dell' Istituto Arti Pubbliche

"Tessere Arte"

tesserearte

TESSEREARTE
con la partecipazione dell'Accademia di Brera
15 marzo - 30 aprile 2008
Inaugurazione 15 marzo ore 17:30
-
Agheiro arte contemporanea
C.so Buenos Aires 60/62 - 16033 Lavagna (GE)
Tel e Fax 0185 37.00.32 - info( @ )agheiro.org - www.agheiro.org

Friday, February 15, 2008

Thursday, February 07, 2008

La BenFinita di Tessere Liberi

ultimo tappeto a Tessere Liberi
L'ultimo tessuto di gruppo a Tessere Liberi

Quanto segue, veramente, dovrei dirlo al CPA in assemblea: a quel curioso espediente politico che combina al suo interno democrazia diretta, consiglio operaio dei soviet e qualche benedetta gerarchia tribale. Sia pure un espediente politico, quest'Assemblea, ma è davvero curioso e affascinante. E se dovessi ora, parlare in Assemblea, non credo che sarei tanto preciso. E' perciò che adesso, scrivo: per la precisione.
Insomma, io propongo questa iniziativa: "la BenFinita di Tessere Liberi". Tessere Liberi era il laboratorio di tessitura al CPA, che oggi non funziona più. Questo perché, il principale responsabile, che poi sarei io, se ne è emigrato in un paesello dell'Umbria per tramare una nuova avventura: la sedicente "Facoltà di Tessere". Non è che mi fossi sdegnato con il CPA, neppure con Firenze in particolare: é che non sopportavo di vivere in città... e nemmeno il mio precario "posto di lavoro". Perciò, dopo questa mia emigrazione, mi è impossibile di essere a Firenze nel laboratorio tessile del CPA: non sono ancora un santo con il super-potere della bi-locazione.
Se qui dovessi decidere io, direi francamente, che il laboratorio di tessitura va chiuso e (scusate la parola) sgomberato. Se invece magari, l'Assemblea decidesse di riservare il medesimo spazio a qualche attività più o meno tessile (per esempio: ho sentito desideri di Uncinetto e Sartoria, al CPA), ne sarei entusiasta. Anche perché molti materiali, come stoffe e filati, che adesso riempiono il laboratorio, si potrebbero utilmente utilizzare, invece che volarli al cassonetto. Che sarebbe, oltre tutto, un lavoro. In più, ci starebbe la sofferenza di condannare a un altro cassonetto certe cose magari riciclabili in qualche imprevista creazione... Non solo una creazione che sia, per forza, artistica, basta una creazione qualsiasi, beninteso: sempre autogestita.
Perciò la mia "ultima" iniziativa sarebbe: "la Benfinita di Tessere Liberi". Per una serata, vorrei invitare tutti gli amici, compagni, maestri, colleghi o discepoli, dentro e fuori al CPA, in un giorno preciso, al laboratorio di tessitura. Sarebbe un occasione per celebrare questi sei anni di attività che, insomma, hanno prodotto un libro o due, hanno coinvolto tessitori del Ghana, del Burkina Faso, e della Rebubblica Saharawi in esilio. Hanno prodotto, anche, qualche tesi di laurea e varie lezioni a studenti stranieri. Ci sono inoltre, varie opere tessute nel laboratorio, che poi finirono in grosse mostre d'arte, internazionali.
Si è rinnovata l'arte popolare di tessere con mezzi di recupero: costruendo dei telai tradizionali con i letti abbandonati al cassonetto. Poi ci abbiamo tessuto dei tappeti pure nel bar del Covo. Soprattutto, mi piace che il laboratorio abbia attivamente coinvolto (direi, quasi) il popolo, cioè varie persone che passano di lì: per il Centro Popolare Autogestito, per scelta o per semplice curiosità.
A parte il boom della Brandamaglia, che ha dilagato per ogni spazio del CPA, la tessitura nel laboratorio non fu certo, un fenomeno di massa. Però accontentiamoci delle avanguardie, per il momento. Rispetto alle Avanguardie (o così dette) si organizzò pure un festival artistico: il Fifofè o Fili Forme Festival. Non è importante tanto che quel Fifofè abbia coinvolto pure artisti importanti, quanto più importa che, tutti quelli artisti, insieme ai loro seguito di fan, partecipassero anche alla pantaguelica cena di compleanno dello stesso CPA.
E qui, vorrei innalzare una sentita lode a tutti quanti i cuochi del CPA che, forse, sono i più efficaci agenti sociali dell'autogestione. Come si sa, la parola "compagno" deriva dal Latino CUM PANE) e significa anche "chi condivide il pane". Si può di nuovo citare Bertholt Brecht: "Sì, Giulio Cesare conquistò le Gallie... ma non portò con sé nemmeno un cuoco?... Chi ha poi, cucinato la cena di quella vittoria?" Innalzo insomma, una sentita lode ai cuochi e agli sguatteri del CPA.
Al laboratorio di tessitura, si affiancarono poi le biciclette della ciclofficina "Brugola Rossa". Con l'avvento della ciclofficina, oltre che organizzare la coincidenza mensile di Critical Mass e il riciclaggio dei ciclo-rottami, l'arte tessile si applicò alla bicicletta: con "Bicichiotta" la bici pelosa, poi il Papaciclo d'oro e tappezzato in porpora (per irridere allo Stato Pontificio perchè, ancora, pure questo ci tocca). E poi la Bici Erbosa dell'artista americano, da innaffiare con cura tutti i giorni, salvo quei barbari che ci sparsero il sale, ma non importa: le biciclette arrivano comunque, sempre e dovunque.
Insomma, se n' è fatte belle cose, i questi sette anni di CPA. S'è fatto quel Presepe Animalista, con l' affettato di Gesùbambino e i santini in offerta per le povere bestie (in verità, neppure troppe offerte). Si riempì di palloncini la Piramide Pneumatica, per farla scoppiare alla festa dell'Anti-Natale, il che fu replicato per l'Anti-Capodanno. Tante cose iper-artistiche ma sempre sotto tono, senza infognarsi in qualche galleria, Si fecero poi vari costumi, installazioni o addobbi (natalizi o discotecari), e i francobolli dell'anarchico Pinelli "defenestrato dalla questura", mentre le Poste di Stato celebravano il suo boia Calabresi (per i filatelici, si produssero persino alcuni esemplari rarissimi di un fantomatico "Pinelli Rosa").
Si fece pure il progetto Boicoop Art, con lo IAP (Istituto Arti Pubbliche) e con più di cento opere di arte popolare. Quasi tutte queste opere, si crearono a tavola e alla buona: proprio come, si dice, fu scritto il Pantagruel da Rabelais. Però, con la sottile differenza che questa nostra tavola è la mensa di un Centro Popolare Autogestito, del 21° Secolo... non è la tavola di un nobilotto del 16° Secolo (perché questo era, in fondo, il compagno Rabelais). E con quest'altra sottile differenza: le cartoline della Boicoop Art, non le ha realizzate affatto un certo nobilotto del XVI secolo ma invece, tanti individui anonimi del secolo XX: cioè di nuovo, direi quasi il popolo. Di Boicoop Art, poi se fatta una mostra da marciapiede in viale Giannotti, con la banda dai Fiati Sprecati.
Insomma, grazie tante, in generale, al CPA. Molti dicono che i Centri Sociali Autogestiti sono dei centri di spaccio per le droghe illegali. Altri dicono che nei Centri Sociali si organizzano dei violenze e attentati terroristici. Altri affermano ancora che i Centri Sociali sono settari e che non concedono spazio a voci alternative. Io posso dire: non è vero quasi niente, perché ci sono stato sette anni. Quando ci ero arrivato, non conoscevo davvero nessuno, però mai nessuno mi ha impedito di fare ciò che desideravo e con chi desideravo... nel rispetto ovviamente, degli altri.
Se poi, me ne sono andato, questo è successo perché ero emigrato... come capita agli artisti, ai contadini e agli extra-proletari. Ma non sono dissociato né pentito dal mio CPA. Insomma, proporrei in assemblea quest'iniziativa della "BenFinita di Tessere Liberi". Che, d'altra parte, sarebbe anche una mostra, oppure una performance, una installazione di questo quasi celebre artista, che non ha affatto vergogna di esporsi al CPA. Ma che ne è, invece, piuttosto orgoglioso. Resterebbe da decidere la data.

Luciano Ghersi

P. S.
Resterebbe da decidere la data.

Monday, January 28, 2008

Kente Waldorf

In una scuola della periferia romana, studenti di Decima sperimentano l'arte di tessere il Kente.

Corsi Tessitura Marzo 2008

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Facoltà di Tessere di Porchiano del Monte
22 Marzo 2008
Corso di tessitura con Telaio Vero

INSEGNANTE
Luciano Ghersi
http://lucianoghersi.blogspot.com/

PROGRAMMA
Il Corso è aperto a tutti e consente di padroneggiare l'intero processo di tessitura con un telaio verticale ispirato ai modelli tradizionali. (foto "telaio vero" su www.flickr.com/lucianoghersi)

Cenni storico-artistici sul telaio verticale con il sussidio di manufatti autentici, video, libri e figure. Pratica sperimentale: montaggio del telaio, costruzione dell'ordito, armatura nel liccio, trama semplice, figure policrome (kilim e arazzo), figure in rilievo (tappeto annodato). Vedere in dettaglio Programma e Video al post Primo Corso di Telaio Vero
su http://porchiano,blogspot.com

Ogni allievo dispone di un telaio individuale e di tutti i materiali necessari. A fine Corso, si potrà acquisire il telaio e ricevere Attestato di frequenza.

CALENDARIO
22 Marzo 2008 (sabato di Pasqua), dalle ore 10 alle ore 18.
Si prevedono incontri successivi per lavorare in gruppo di approfondimento.

ISCRIZIONI
Si ammettono al massimo 10 studenti.

SEDE
Le lezioni si tengono nell'incantevole borgo di Porchiano del Monte, Umbria.
Vedi post Come raggiungere Porchiano.

INFO
Web: http://porchiano.blogspot.com/
Email: lucianoghersi( @ )gmail.com
Tel.: 338 6762691